Continua la narrazione dell’architetto Edoardo Milesi sulla progettazione attorno al culto e alla religione basata su esperienze personali.

Capitolo 2

Il monastero dei destini incrociati” di Franco Marcoaldi: un’intera pagina su Repubblica di lunedì 22 novembre 1999 era dedicata al “nuovo monastero del terzo millennio” della comunità monastica di Siloe a Poggi del Sasso, piccola frazione di Cinigiano sul monte Amiata in provincia di Grosseto. Avevo compiuto 45 anni qualche giorno prima, da poco ottenuto le volumetrie richieste e ancora nessuna risorsa economica era in vista. Ma la mia preoccupazione era rivolta altrove.

Schizzo di Edoardo Milesi

Un monastero è infatti un insieme di apparenti, ma profonde contraddizioni: un luogo dove liberare lo spirito attraverso regole ferree, dove conciliare il bisogno di solitudine con un forte spirito comunitario. Non era certamente il mio primo progetto per un luogo di culto, ma in un monastero il rito è ovunque.

L’architetto modificando il sito modella l’immateriale: emozioni e comportamenti. Costruendo cose, influenza le relazioni tra le persone, modifica gli stili di vita.

È questo che fece il severo censore Bernardo di Chiaravalle trasformando – in un periodo storico preciso di lassismo dei costumi anche nei monasteri – l’Ordine benedettino in quello cistercense. Uno dei suoi strumenti fu certamente l’architettura. Nei suoi monasteri, unici ornamenti sono la luce, il canto, la musica. Per volere di san Bernardo, nelle chiese le pareti dovevano indurre nel modo più semplice e con la maggior immediatezza al pensiero della luce. Perché la luce è la sola cosa che può rappresentare il divino.

Il mio compito dunque sarebbe stato, attraverso l’architettura, di legare una regola vecchia di mille anni alla nostra contemporaneità. Dove? All’interno di uno spazio naturale già altamente religioso, nel quale una nuova costruzione poteva alterare irreversibilmente equilibri perfetti.

L’ovile preesistente. (foto Neri Fadigati, courtesy Archos).

Ancora una volta, aiuta a ottenere ciò la convinzione che l’architettura è soprattutto generata dalla complessità dell’uso funzionale, dall’essenzialità artistica degli spazi, dalla realtà dei vuoti sui pieni, dell’ombra nella luce, lontana da manifestazioni autocelebrative (dell’architetto e del committente).

Cappella del Pellegrino (foto Donato Di Bello, courtesy Archos).

Ho pensato a una architettura solida e immediata, forse indefinita nella sua elementare complessità dove l’impianto, i percorsi, dominano sugli elementi architettonici volutamente caduchi affinché il distruggersi e il rinnovarsi degli elementi perituri (legno, vetro, ferro) coinvolgano gli abitanti del monastero in una continua partecipazione al progetto primario nella certezza che l’uomo è protagonista della sua vita e che “tutti i pezzi dell’universo possano cadere a uno a uno, ma che c’è qualcosa che resta” ( I. Calvino).

Siloe, veduta. (foto di Mauro Davoli, courtesy Archos)

Il progetto architettonico per la comunità di Siloe, un luogo di ascolto, preghiera, attenzione, fascino, misticismo, arte, cultura, per i suoi abitanti e per i loro ospiti, anche molto diversi tra loro, si sarebbe quindi ispirato alle suggestioni dell’architettura cistercense che trae le proprie origini e fondamenta da conoscenze riferite al mondo della tradizione e trova nell’universo simbolico il linguaggio più idoneo a esprimere la propria esigenza di assoluto.

Monaci a Siloe_(foto Aurelio Candido, courtesy Archos)

L’arte medievale aveva il compito di insegnare, di scuotere, di comunicare, e quindi le emozioni che suscita sono profonde e primordiali. Ogni abilità creativa era finalizzata al buon uso dell’arte che aveva come fine non già la bellezza ma la perfezione.

Nulla di più esatto per un’architettura contemporanea, tuttavia la differenza rispetto a oggi sta nel fatto che noi facciamo dell’emozione uno degli scopi principali dell’arte al di là del significato dell’opera. L’uomo medievale era più colpito dal significato che illuminava le forme che dalle forme stesse…… Il simbolismo razionalista è inteso come sunto di una comunicazione, quello medievale è il concentrato, la sublimazione, la chiave di lettura di tutto un linguaggio che solo con lemozione dei segni si può comunicare (ArtApp 20 Il Segno https://www.artapp.it/single-post/2018/02/09/Il-Segno ).

Siloe veduta. (foto Aurelio Candido, courtesy Archos)

Oggi il monastero, abitato dal 2003, è per due terzi ultimato. Le risorse economiche per il suo completamento sono sempre più lontane ed è un peccato perché fin tanto che non si realizzerà la chiesa processionale a chiudere l’impianto a nord, non si può percepire il chiostro, sinonimo di vita monacale. Il chiostro è infatti nel monastero il simbolo dell’intimità con il divino, è il centro cosmico in rapporto diretto con i tre livelli dell’universo e a Siloe è il modulo di tutto l’impianto razionale della Regola. Il resto dell’impianto è costruito dalla luce e dalle ombre che delineano la direzione equinoziale e solstiziale, un orientamento basato sui simboli della croce, in cui il principio attivo, l’asse verticale, e quello passivo, l’asse orizzontale, trovano nell’incrocio dei due assi la polarizzazione del principio. Nello spazio gli assi fondativi del monastero di Siloe si identificano a partire dalla linea di mezzeria della grande quercia, l’unico albero presente sull’altipiano, che interseca la linea generativa della mezzeria del chiostro e della sala capitolare.

Era previsto che l’impianto potesse rimanere a lungo incompleto e il progetto ha programmato fasi funzionali e finite, ma non solo, poiché le donazioni sono state tutte e interamente finalizzate alla costruzione del monastero, il fabbricato deve vivere a costo zero e così è grazie all’integrazione tra le forme architettoniche e l’utilizzo di energie passive da fonti energetiche naturali e rinnovabili, oltre a un impianto di fitodepurazione in grado di restituire quanto si sottrae al luogo in termini energetici.

Per questo nel mio discorso all’inaugurazione del primo lotto del monastero di Siloe ho concluso raccomandando ai monaci di …..vigilare affinché questo luogo resti un luogo sacro e carico di energie come lo abbiamo trovato.

Il monastero ricerca la sua sostenibilità, come sempre deve essere in architettura, mediante la condivisione tra l’uomo, l’ambiente, tutti gli esseri viventi e le cose, per capirne le vere esigenze fisiche e culturali di libertà e dignità. Affinché la partecipazione al rito dello spazio sia anche performante al modo di essere e di coltivare i principi dell’amore.

Cappella del Pellegrino (foto Mauro Davoli, courtesy Archos).

Sostenibilità quindi come pratica dell’averne cura, come emancipazione verso un modo più felice e più responsabile nei confronti dell’altro, della terra che ci ospita, del bello, dove bello è sostenibilità sociale, comfort abitativo e qualità edilizia, efficienza energetica, cura dell’ambiente. L’onestà progettuale non passa attraverso lo spreco, lo sperpero e il saccheggio, ma attraverso la ricerca e la sperimentazione, l’invenzione di nuovi processi che adottino strumenti minimi derivati dalla capacità del progettista di osservare il comportamento umano e l’attitudine a coinvolgere la gente allo scopo di agire all’interno dei ritmi della natura.

A tutto questo non si sottrae il progetto del verde attorno al monastero realizzato esclusivamente con essenze arbustive della macchia maremmana scelte tra quelle a foglia grigia e posizionate solo là dove il piano di campagna si modifica nel proprio andamento topografico a delimitare quello che era il pascolo delle pecore, mentre la grande quercia, come un’antenna, regola e trasmette la potente energia del luogo.

Andate a Siloe lasciatevi affascinare da uno dei materiali di questa architettura: il silenzio. Dalla cerimonia del silenzio attorno al rumore delle posate nel refettorio, attorno al rumore dei passi e delle voci lontane, attorno a una sola voce tra tante persone in quel momento uguali.

E.M.

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Edoardo Milesi
Architetto, fonda nel 1979 lo studio Archos orientandosi da subito, attraverso la partecipazione a concorsi di progettazione, verso un costruire fortemente connotato da dettami ecologicamente regolati nell’ambito di una lettura “forte” della realtà. Nel 2008 fonda con un gruppo di artisti e architetti la rivista “ARTAPP” della quale è Direttore. Dal giugno 2009 è presidente del Comitato culturale della Fondazione Bertarelli. Nel 2012 fonda l’Associazione culturale Scuola Permanente dell’Abitare.

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