Capitolo 3

“La conoscenza rende l’opera bella” (San Bonaventura).

La prima volta che mi sono cimentato nel progetto di un luogo di culto è stato per una cappella cimiteriale. Appena laureato vinsi il concorso per l’ampliamento del cimitero di un paesino montano nelle valli bergamasche. Ricordo che per l’incontro con l’amministrazione comunale, che mi avrebbe affidato l’incarico professionale, mi feci crescere una folta barba per apparire più maturo e adatto a un simile compito. Tutto andò bene e progettai la cappellina per il commiato dei parenti al defunto in un punto dominante, che ritenevo particolarmente adatto: in quel particolare momento pensavo più alla funzione religiosa che alla relazione tra le persone e il sito.

Ci sono voluti anni per rendermi veramente conto del potere che l’architettura ha nel permettere e conformare le relazioni tra l’ambiente, le cose e gli esseri viventi.

Monastero di Siloe, cappella (Mauro Davoli, courtesy Studio Archos).

I corpi sono immersi nello spazio fisico e da esso sono profondamente influenzati: occorre averlo in mente sempre quando si progetta, e tanto più se si tratta di un luogo di culto. L’architettura sacra partecipa in modo determinante alla liturgia, al rito: alla catarsi che avviene anche grazie al modo in cui l’ambiente influisce sul corpo. I riti sono fisici e hanno bisogno di un luogo adatto perché la trasformazione possa avvenire. Il luogo deve essere in grado di far sì che la trasformazione possa accadere (attraverso i riti) anche per chi si pone solo in atteggiamento di ascolto, intuitivo, non necessariamente pienamente consapevole o compartecipe. Il linguaggio del rito si muove secondo un registro estetico e simbolico, non razionale ma arcano, profondamente radicato nel nostro inconscio.

Nel luogo di culto cristiano la celebrazione non avviene perché questo è un monumento al divino, bensì attraverso l’azione umana, che è favorita grazie anche alla qualità del sito. D’altra parte l’architettura, pur interagendo con l’azione liturgica, deve anche lasciarla libera. Deve aiutare l’azione, ma comportandosi come fa la natura: che non si adatta alle nostre esigenze, bensì ci invita ad adattarci alle sue quando, abitandola, ne siamo accolti e stimolati.

Ho avuto modo di discutere una sera a cena con l’artista Jannis Kounellis sul progetto chiesa e sull’arte, soprattutto sulla figurazione pittorica, nella tradizione cattolica e nelle varie epoche. Stranamente Kounellis era particolarmente attratto dal barocco italiano: dalle sue rappresentazioni carnali; raccontò di una sua esperienza in Germania dove in una cattedrale cattolica, un vescovo aveva incaricato diversi artisti contemporanei, tra cui lui, di realizzare delle installazioni (lasciate montate per 3 mesi) nelle quali veniva officiata la Messa. Collegando l’esperienza del vescovo tedesco al dibattito sull’opportunità di realizzare ambienti di preghiera rigorosi e regolati, mi sono chiesto se non sia fragile la fede di chi sostiene che la chiesa deve essere concepita solo da artisti e architetti cattolici praticanti. Perché questo preclude, o limita fortemente, quel libero e ampio dibattito tra arte, architettura e bisogno di religione che ha caratterizzato nella storia proprio la Chiesa Cattolica rispetto ad altre Chiese cristiane, assicurandole fino all’epoca attuale un ruolo di preminenza sul piano culturale.

Chiesa del Monastero di Siloe (Lotto 4). Sezione trasversale.

È parere di molti che rito e liturgia abbiano una forza propria, che prescinde dal luogo. Ma è forse giusto considerare che se il rito, nella sua performance fatta di gesti, profumi, abbigliamenti, canti e suoni possiede un’energia in grado di trasformare coloro che partecipano alla funzione liturgica, a tale trasformazione partecipa anche il luogo in cui questa avviene.

In sostanza lo spazio è non solo uno dei codici della performance rituale, ma anche, esso stesso performante e iniziatico, è in grado di partecipare al cambiamento: per questo la sua architettura, che può potenziare il rito, deve produrre esperienza religiosa mediante un progetto particolarmente accurato, in cui l’arte e la creatività non siano intesi come contributi, ma come parte integrante della progettazione e della sua capacità espressiva.

Perché il luogo abbia questa energia, capace di comunicare ma senza inibire, dovrà essere progettato in armonia con l’uomo e le leggi universali della natura, più che essere costretto da norme (tecnico impiantistiche) che sono necessariamente legate ai tempi correnti e quindi passibili di cambiamenti futuri.

Chiesa del Monastero di Siloe (Lotto 4). Disegno di progetto.

In questo sta il grande insegnamento delle architetture cistercensi. Le componenti di questi luoghi sono: natura, architettura e arte. Il linguaggio è quello dell’armonia nelle proporzioni, nei materiali, nella luce. Architettura e arte sono generatrici di “regole” loro intrinseche, pertanto non possono essere imprigionate in una griglia normativa a priori: ne va della loro libertà espressiva e quindi della loro qualità.

Recentemente sono stato invitato a Verona a un convegno sul raffrescamento delle chiese contemporanee, il mio commento è stato questo: un’opera è bella se il nostro corpo nella sua complessità la riconosce come tale attraverso il suo comfort psichico-fisico. Come può una chiesa essere bella se la sua forma, la sua atmosfera allontanano un bambino o un’anziana signora costringendoli ad andarsene perché quel luogo è scomodo e inospitale?

Nuovo complesso parrocchiale di Viareggio (progetto di concorso anno 2015).

Le scelte tecniche devono essere accurate, nella consapevolezza che raggiungere il comfort abitativo attraverso il ricorso all’impiantistica aggiunta a un’opera secolare rischia di invecchiarla anzitempo. Altra cosa è la tecnica intrinseca alla composizione architettonica. La differenza è sostanziale: l’impiantistica è invenzione umana destinata a invecchiare e a essere necessariamente superata dalla sua evoluzione continua; la tecnica architettonica è l’applicazione raffinata, e affinata nel tempo, delle forze naturali eterne.

Nuovo complesso parrocchiale a Viareggio. Schizzi

Tutta l’energia che ci serve viene dal sole, una palla infuocata in grado di riscaldare e muovere i venti. Sta a noi disegnare ambienti capaci di accumulare questo calore e di indirizzarlo dove ci serve: per portare frescura e umidità, oppure per asciugare e riscaldare l’ambiente.

Per fare questo, i volumi e le altezze di chiese e campanili sono ideali: spesso è sufficiente copiare dal passato, dalle tradizioni, anche di altre culture cresciute in climi meno clementi del nostro.

S. Maria delle Grazie al Calcinaio, Cortona (M. Milesi, courtesy Studio Archos)

Tutto questo non solo porta a un risparmio, ma ci educa a un pensiero estetico dell’ecologia che non può prescindere dalla qualità della vita delle persone nell’armonia con l’ambiente. L’incontro, l’aiuto reciproco, i diritti umani dell’uguaglianza, della libertà, della dignità e dell’equità sociale hanno molto a che fare con la ricerca della bellezza.

Lestetica è (infatti) costituita da quell’insieme di forme espressive, condizionate da bisogno, desiderio, sensibilità, senso economico e simbolico che caratterizzano lindividuo, le sue relazioni e lo spazio sociale che vive

(Giorgio Bonacorso).

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