Pubblichiamo i progetti proposti come tesi dagli allievi, a conclusione del Master in progettazione degli edifici per il culto svoltosi presso la Facoltà di architettura dell’università La Sapienza di Roma nell’anno accademico 2016. Il luogo prescelto per ubicare i progetti è stato Capo San Vito a Taranto.
Gli elaborati sono qui di seguito presentati secondo l’ordine alfabetico degli Autori, con due tavole corredate da un breve commento critico-esplicativo.
Tesi di FLAVIA D’ALESSIO
Evidentemente riferito all’opera di Siza, il complesso parrocchiale è qui inteso come una piastra scavata a formare delle piazze con il fronte compatto sul retro a fronteggiare l’edificato residenziale in guisa di bassi villini. Dalla piastra di un piano, a sua volta svuotata dai patii, emerge il volume dell’aula festiva fiancheggiato a sinistra dalle opere e a destra dalle aule per il magistero. Chiude la composizione il salone per le feste.
L’edificio contenente l’aula liturgica con la feriale e la sagrestia, e quello per il salone delle feste, i locali per il ministero pastorale e la canonica, sono tutti chiaramente leggibili all’interno delle direttrici dell’impianto che, oltre a organizzare il costruito, si estende anche alla sistemazione degli spazi esterni, definendone accessi, lastricati e aree verdi, organizzati per linee parallele, a mimare il solco dell’aratro. Sviluppando quindi l’idea delle fasce anche in alzato, si definiscono ulteriori gerarchie che prevedono – oltre al parterre – aree “ribassate” e “rialzate”, secondo l’idea lecorbusiana per la quale la pianta è “gemella” della sezione. (Questa tesi è pubblicata più in esteso anche nella pagina https://www.jerusalem-lospazioltre.it/taranto-richiami-lecourbusiani/ )
Tesi di MARTINA DI PARDOIl complesso si articola in due edifici a corte che delimitano spazi di natura diversa; il primo – a Nord – ospita le funzioni liturgiche e parrocchiali, con al centro l’aula festiva; il secondo -a Sud- ospita l’oratorio con le aule per il catechismo e il campetto da calcio che si apre verso via del Faro. Se la chiesa è il landmark architettonico che rivela la presenza del complesso parrocchiale, l’oratorio e il salone parrocchiale, lo sono altrettanto per la comunità dei fedeli.
L’idea guida del progetto, dal punto di vista compositivo, prevede che una serie di corpi di fabbrica siano allineati parallelamente l’uno all’altro -trasversalmente al sistema viario- intervallati da una serie di spazi interclusi di dimensioni diverse, in guisa di piccoli patii, quasi a rappresentare -il complesso parrocchiale- un codice a barre. I tre corpi di fabbrica principali sono quindi rilegati da uno spazio connettivo, che mette in comunicazione -orizzontale e verticale- le varie e distinte autonomie parrocchiali, fungendo anche da luogo di sosta e di incontro.
Ubicato in un “luogo” ideale fra Cordoba Granada e la stessa Taranto secondo la versione che ne diede Ponti, il progetto nasce dalla volontà di definire una ‘quinta stradale’, con le strade come di linee di fuga che scorrono a destra e a sinistra della facciata. Sia la chiesa che il complesso parrocchiale si sviluppano al di là della grande facciata. Quest’ultima, inoltre, riprende il tema dell’intaglio, riferendo all’arte pugliese dell’intreccio di ceste, intreccio che permette alla luce di filtrare attraverso piccolissime fessure.
Diversamente dalle altre tesi, qui si lavora prevalentemente su una sistemazione di suolo a formare un invaso (si direbbe una piazza ribassata) intorno alla quale si dispongono a corte i diversi volumi del complesso parrocchiale. Interessante la pianta dell’aula festiva, che pure se inclinata secondo geometria diversa, dispone l’impianto liturgico secondo la geometria dell’invaso.
Tesi di ELENA VITAInteressante esperimento di composizione, il complesso si configura come un accostamento di volumi che si dispongono sul lotto a realizzare un percorso che dal sagrato si inoltra al contro sagrato – fra l’abside e le opere parrocchiali – quasi a ricostruire una porzione di tessuto urbano alla maniera della Taranto vecchia. Giova a tal fine la realizzazione di una facciata asimmetrica, che nasconde – scoprendolo — il tracciato pedonale.
Pur se compositivamente riferito al classico schema della chiesa con affiancata corte per le opere parrocchiali, il complesso parrocchiale progettato dalla Zompa lo modifica, quasi lo stressa, fino a calzarlo più che nel lotto, si potrebbe dire nell’idea che della chiesa stessa se ne fa la progettista. Bello il volume triangolare alla sinistra dell’aula festiva; più consueto l’incastro fra i volumi sulla destra.