Meteora, che in greco significa “sospeso in aria “è una località della Tessaglia, al nord della Grecia.

Importante centro della Chiesa ortodossa, e per la sua peculiarità, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità, Meteora non è altro che un gruppo di falesie di arenaria alte e ripide, torri naturali di roccia sormontate da monasteri, eremitaggi e celle. In totale i monasteri sono ventiquattro, anche se quelli ancora abitati e visitabili sono solo sei.

Già dall secolo XI le sue numerose caverne vennero trasformate in eremi. Il paesaggio è a dir poco incantevole, unico. Ci sono circa un migliaio di rocce altissime, con pareti pressoché verticali, che ricordano un bosco incantato, pietrificato. La formazione di queste rocce risale al periodo terziario, circa 60.000.000 di anni fa.

Nel periodo Bizantino, Meteora contribuì in modo decisivo alla creazione di un importante centro monastico. Già nei primi secoli del Cristianesimo, questo luogo apparve molto alto per fuggire dal mondo terreno e raggiungere l’elevazione dello spirito, isolandosi volontariamente in una natura che invitava alla contemplazione e al raccoglimento.

Il primo eremo, quello di Stagi,  fu eretto nel secolo XI secolo e a partire dal XII secolo già era ben organizzato. Si dovrà però aspettare il XIV secolo per fondare il primo monastero sulla roccia, voluto da un importante monaco, Atanasio, del non lontano Monte Athos. Proprio Atanasio nominò questa rocca “Meteora” (dal greco “metà”, in mezzo a- e “aer” aria: “sospeso in aria”), perché sospesa tra la terra e il cielo; da allora questa denominazione comprende tutto il complesso di rocce.

Atanasio, dopo aver costruito una cappella e alcune celle, organizzò una confraternita con 14 monaci e pose le prime fondamenta per la vita monastica. Presto si aggiunse ad Atanasio anche Ioasaf Ouresis, figlio del principe serbo Stefano, che concesse molti privilegi a Meteora. Man mano il numero dei monaci aumentò e il monastero divenne sempre più grande, florido e fu necessario ampliare la chiesa centrale.

Meteora divenne un importante centro di ascetismo monastico e, alla loro morte, Atanasio e Iousaf, vennero canonizzati.  Nello stesso periodo un altro monaco, Varlaam, concepì l’idea di realizzare un secondo monastero sulla roccia, anche se esso fu completato dopo duecento anni. Nei secoli successivi Meteora continuò a svilupparsi con la costruzione di molti altri monasteri. Dal XVII sec. però inizia sfortunatamente il declino del monachesimo.

I sei monasteri ancora attivi oggi sono quelli di:

  • Gran Meteora, o monastero della Trasfigurazione
  • Varlaam
  • Rousanou
  • Aghia Triada (Santissima Trinità)
  • Agios Stefanos (Santo Stefano Martire)
  • Agios Nikolaos (San Nicola Anapafsas)

Esistono poi alcuni altri monasteri in rovina, dove decine di monaci vissero in tempi più antichi.

La strada per raggiungere i monasteri alla sommità delle rocce si arrampica tortuosa tra le scoscese falesie. Tutt’intorno regnano la pace e il silenzio. Il percorso è immerso in una natura lussureggiante, un paesaggio onirico che ci conduce verso l’elevazione dello spirito. Alla fine di questo percorso incantato si arriva alla quiete delle alture delle rocce che si stagliano nel cielo. Su queste alture troviamo i monasteri avvolti da un’aurea mistica che ci conduce a questo mondo parallelo senza tempo, fatto di pace, di tranquillità.

Il Monastero della Trasfigurazione, la Gran Meteora. Si trova su una roccia all’estremo occidentale del “bosco pietrificato”, che è la più alta di tutte, arriva infatti a 613 metri dal livello del mare.

Per raggiungerlo occorre salire 115 ripidi e irregolari scalini. Anticamente i monaci raggiungevano la vetta della roccia anche con scale di corda verticali, oggi dismesse per motivi di sicurezza. Fino al 1923 era anche caratteristica la rete, che pendendo dalla torre, accoglieva al suo interno un monaco alla volta per risalire in modo quasi mistico il dislivello, oggi invece viene usata solo per trasportare cose.

La costruzione più bella del monastero è la chiesa centrale, il Katholikon, dedicata alla Trasfigurazione di Cristo. La pianta della chiesa è cruciforme, sormontata da una cupola a 12 lati. Il Katholikon, esempio di architettura bizantina, è articolato in pronartece, nartece, navata e santuario. La prima cappella è stata iniziata da San Atanasio e completato più tardi da Ioasaf, questa successivamente è stata integrata nella chiesa attuale come santuario e decorata con affreschi deli secoli XIV e XV.

La navata è luminosa e ricca di agiografie di grande pregio artistico. L’iconostasi, struttura divisoria adorna di immagini sacre, interposta fra il presbiterio e le navate in alcune antiche basiliche cristiane e attualmente nelle chiese di rito greco, è in legno intarsiato. Realizzata nel 1791 contiene motivi floreali e animali. Il nartece presenta nove piccole cupole ed è sorretto da quattro colonne. Il pronartece, appare spazioso e decorato. Oltre al Katholikon il monastero del Gran Meteora ha altre tre chiese più piccole, costruite in epoche diverse.

Il monastero di Varlaam sorge su una roccia altra 373 m. Il primo a risiederci fu appunto il monaco Varlaam intono al 1350 e vi costruì una chiesa dedicata ai tre Gerarchi. Per salire sulla roccia i primi asceti costruirono un delicato sistema di impalcature fissate su delle travi incastrate sulle pareti della roccia. Questo esempio fu seguito anche da altri che costruirono monasteri a Meteora.

Più tardi le impalcature vennero sostituite con scale a corda e dalla caratteristica rete che tirava in cima i visitatori facendoli dondolare nel vuoto con lo stridente e poco rassicurante rumore di sottofondo delle corde che scorrevano sull’argano, quasi a voler ricordare la precarietà della vita. Soltanto nel 1923 furono ricavati 195 scalini che portavano alla cima con sicurezza.

La chiesa centrale, il Katholikon, in questo caso è dedicata a Ognissanti. È a pianta greca con quattro colonne, sormontata da cupola, prende esempio dalle chiese dei monasteri del Monte Athos. Anche questa chiesa è composta da nartece, navata e santuario. La chiesa, come attestano alcuni documenti degli archivi, fu costruita in venti giorni con il materiale trasportato sulla roccia nel corso di 22 anni. L’iconostasi divisoria del Katholikon è in legno intarsiato con scene tratte dal regno animale e vegetale. Il nartece è spazioso e presenta affreschi di ottima fattura, oltre alla tomba dei fondatori. La ricca e realistica decorazione della navata denota una influenza italiana. Tra gli edifici visitabili, troviamo il vecchio refettorio, trasformato in sacrestia, l’ospedale, l’ospizio e la cappella dei Santi Cosma e Damiano.

Su di un’aspra e ripida roccia sorge anche il monastero di Rousanou, i fianchi di questa roccia appaiono quasi verticali e il monastero sembra un proseguimento della roccia stessa, infatti sorge su una piattaforma posta sulla sommità della roccia che appena lo contiene. Anche qui inizialmente si poteva salire solo con scale a corda, tuttavia più tardi si introdussero ponti fissi che collegavano il fianco della montagna con la roccia.

La chiesa del monastero è dedicato alla Trasfigurazione di Cristo. In stile bizantino, a cupola, con tre absidi e affreschi di pregio, ispirati al ciclo storico, dogmatico e liturgico della chiesa ortodossa. Anche qui l’iconostasi è in legno intarsiato.

Il monastero della Santissima trinità, Aghia Triada, sorge su un rilievo al quale si accede dai 140 scalini scolpiti nella roccia. Alcuni storici sostengono che questo monastero sia il terzo per costruzione cronologica. La chiesa centrale è stata costruita nel 1476, mentre il nartece successivamente, nel 1689. La costruzione della chiesa richiese probabilmente 18 anni, come attestato da fonti storiche. La tradizione narra che per portare il materiale da costruzione sulla roccia, impiegarono ben 70 anni.

Questo monastero ha due chiese, quella centrale, detta Katholikon, e la cappella i San Giovanni Battista.

Il Katholikon, di ridotte dimensioni, presenta una pianta a croce greca, con cupola e due colonne. Nell’abside troviamo una pseudofinestra trilobata con decorazioni in mattoni dentellati, croci e monogrammi i Cristo. Una doppia serie di mattoni percorre tutta la parte inferiore, conferendo particolare grazia a tutta la struttura della chiesa. L’iconostasi, affine a quella degli altri monasteri, appare anche qui in legno intarsiato decorato. L’altra chiesa presente, quella di San Giovanni Battista, questa è scavata interamente nella roccia, e si incontra non appena si arriva al monastero.

Proseguendo, nell’avvicinarsi al villaggio di Kalambaka, si incontra Il monastero di Agios Staanos (Santo Stefano Martire) che si erge su una roccia che fa parte di un maestoso gruppo roccioso letteralmente sospese tra aria e vegetazione, staccatesi dal vicino monte. Attualmente l’accesso al monastero di Santo Stefano avviene attraverso un ponte fisso di 8 metri di larghezza, quindi è facilmente raggiungibile rispetto agli altri. Sulla base di un’iscrizione risulta che questo luogo venne abitato prima del 1200. Nel 1333 l’imperatore di Bisanzio, che fu ospitato nel monastero, lasciò ricchi doni all’Abate ai suoi monaci. Da allora il monastero acquistò il privilegio di essere chiamato “reale”. Nel 1350 venne costruita la chiesa di Santo Stefano.

Il Katholikon, come negli altri monasteri, è la chiesa centrale, qui dedicata a San Caralambo. È a pianta greca, sormontata da cupola, con tre absidi e nartece con quattro colonne. Simile anche in questo caso ai monasteri del Monte Athos. Fu edificata nel 1798, come risulta da diverse iscrizioni. Il nartece è semplice e sorretto da quattro colonne. Nel pronartece si trovano le iscrizioni dei nomi dei benefattori e dei padri fondatori. La chiesa non è decorata con affreschi, mentre l’iconostasi, è, anche in questo caso, in legno intarsiato di notevole valore. In essa si rappresentano varie composizioni, raffigurando L’ultima Cena, San Dimitri, Santo Stefano martire, San Giorgio. Oltre alla chiesa centrale esiste anche la vecchia chiesa di Santo Stefano martire, nel lato sud-est della roccia. Si tratta di una semplice struttura in legno, con navata e nartece, di dimensioni 12 x 5 metri. La chiesa è decorata con affreschi del 1501. Il refettorio anche qui è stato trasformato in sacrestia, qui si possono ammirare crocifissi lignei dorati, Vangeli decorati d’oro, e altri paramenti sacri di grande pregio. Il Monastero di Santo Stefano costituisce tuttora un centro spirituale molto fiorente anche in questa epoca, infatti vengono coltivati l’iconografia bizantina e la musica.

Il monastero di Agios Nikolaos (San Nicola Anapafsas) si trova vicino al villaggio di Kastraki, nella parte occidentale delle falesia, in cima a una formazione rocciosa alta 80 metri. L’accesso agli edifici è costituito da un sentiero che parte dai piedi della rupe con 143 gradini e 85 gradini scavati nella parete rocciosa. La fondazione del monastero risale alla fine del XV sec., sulle rovine di uno preesistente. La stretta e limitata roccia su cui risiede il monastero non consentì uno sviluppo orizzontale, me si dovette optare per uno sviluppo di tipo lineare, articolando il monastero su più piani. Al primo piano troviamo la chiesa e il refettorio, al secondo le celle dei monaci.

Il Katholikon è dedicato a San Nicola è una chiesa lunga e stretta, attaccata alla parte sud del muro del monastero, che segue l’irregolare forma della roccia. Ha una cupola bassa, senza finestre, al di sopra di questa si trova il secondo piano. Al contrario della navata, il nartece, è più ampio e luminoso. In questo monastero pare che risedessero solo 10 monaci, viste le celle presenti. Il nartece è più grande proprio per sopperire alla mancanza di spazi esterni, infatti viste le esigue dimensioni della roccia su cui sorge questo monastero, non c’era il cortile, quindi il nartece, nelle ore in cui non vi erano funzioni liturgiche, fungeva anche da luogo di ritrovo e conversazione per i monaci. Gli affreschi appaiono molto ricchi e vivaci, le figure rappresentate sono anche molto espressive e luminose. Eseguiti dal monaco Theofasis di Creta, lo stesso che realizzò vere opere d’arte nel Monte Athos.

Questi monasteri, come detto, sono gli unici ancora attivi e visitabili. I monaci sono sempre intenti alla loro protezione e promuovono opere sociali per garantirne la sopravvivenza. Degli altri diciotto monasteri attualmente restano solo rovine sparse sulle varie sommità delle rocce del “bosco pietrificato” di Meterora e codici manoscritti che ne testimoniano lo splendore del passato.

 

Fonte:

Theocharis M. Provatakis, Meteora, Storia dei monasteri e del Monachesimo. Atene, Edizioni Michalis Toubis.

Foto: archivio privato

 

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