Costruita dal 1454 come parte del monastero di San Teonisto, la chiesa è luogo e testimonianza rilevante aTreviso. Nel corso della sua travagliata storia ha conosciuto l’esproprio in età napoleonica, la spoliazione dei suoi beni artistici, lo sfregio del bombardamento nel corso della seconda guerra mondiale. È uno dei tanti esempi di edifici storici presenti sul territorio europeo, che hanno mantenuto nel tempo il carattere di segno identitario per la comunità locale e di simbolo per la cultura cristiana, pur avendo perso l’uso cultuale per il quale furono eretti.
Oggi San Teonisto è divenuta espressione esemplare di come luoghi di tale natura, che per le vicende più diverse hanno perso la loro destinazione originaria, possono recuperare, pur nelle mutate condizioni, il senso di memoria attiva: non più officiata come chiesa, essa resta pur sempre spazio che si rivolge all’anima della comunità. Questo è stato possibile grazie all’intervento dell’imprenditore trevigiano Luciano Benetton, che nel 2010 ha acquistato l’edificio dal Comune cittadino e ne ha curato la ristrutturazione, compiuta su progetto dell’architetto Tobia Scarpa, per poi trasferirla alla Fondazione Benetton.
Così la chiesa, che da da tempo era stata relegata ai margini della vita cittadina, è tornata a essere per questa un punto di riferimento. Infatti la ristrutturazione è stata studiata in modo tale da consentire, da un lato di riportarvi molte opere che vi erano state sottratte, dall’altro di usare lo spazio interno quale auditorium musicale o teatro, grazie a un originale sistema “flessibile”. Sui due lati del camminamento centrale vi sono tribune gradonate rette da strutture metalliche ripiegabili a scomparsa sotto la pavimentazione: a tribune dispiegate lo spazi interno dell’ex chiesa diviene auditorium-teatro; a tribune ripiegate lo spazio resta libero e aperto, in configurazione museale. Si tratta di un esempio virtuoso di “rivificazione” di una chiesa da tanto tempo divenuta “ex”: lo descriviamo riprendendo testi forniti dalla Fondazione Benetton di Treviso. (L.S.)
Il restauro
Il complesso intervento, iniziato alla fine del 2014 e affidato alla cura e alla creatività dell’architetto Tobia Scarpa nel solco del suo fertile sodalizio con il Gruppo Benetton, ha restituito un’architettura rinnovata ma capace di raccontare i segni del passato di luogo consacrato, poi gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1944 e spogliato dei suoi arredi, e infine dimenticato. Successivamente sconsacrato e adibito a usi diversi, l’edificio è stato gestito dal Comune di Treviso fino all’acquisizione, nel 2010, da parte di Luciano Benetton, che successivamente l’ha donato alla Fondazione Benetton Studi Ricerche per farne un luogo di cultura in grado di ospitare eventi di respiro internazionale.
L’intervento di restauro e adeguamento della chiesa ha avuto come obiettivo prioritario il rispetto e la tutela dello spazio architettonico preesistente, attraverso l’adozione di mirati interventi di restauro e accurati dettagli disegnati dallo stesso Tobia Scarpa. Le nuove esigenze funzionali hanno trovato soluzione nella realizzazione di due tribune reclinabili che, quando sollevate, consentono di adibire l’aula della chiesa a sala da musica e auditorium, per una capienza complessiva di 300 persone.
Grazie all’inserimento di un nuovo pavimento sopraelevato e a un delicato lavoro di scavo, le tribune reclinabili possono essere completamente nascoste alla vista scomparendo al di sotto della quota del pavimento e consentendo così di ottenere uno spazio completamente libero in grado di ospitare mostre ed esposizioni temporanee.
Il nuovo soffitto, che segue l’originale andamento di quello crollato durante la seconda guerra mondiale, si regge su un’apposita struttura realizzata con travi metalliche vincolate ai muri d’ambito e resa indipendente dalla sovrastante copertura a capriate lignee. Nell’ex sacrestia, attigua all’aula, gli stucchi originali sono stati recuperati integrando le parti mancanti con un’attenta opera di restauro, mentre nell’area adiacente sono ospitati i locali tecnici.
L’intero complesso della chiesa è accessibile da un piccolo cortile che funge da foyer all’aperto nel quale è collocata un’installazione di quattro colonne di cui tre sormontate da un antico capitello ionico e una da una scultura in vetro serigrafato raffigurante l’originale bassorilievo da cui è tratto il logo istituzionale della Fondazione Benetton Studi Ricerche.
L’intero progetto è impreziosito da tutti i dettagli architettonici di Tobia Scarpa, tra cui risaltano i quattro lampadari in vetro soffiato presenti nell’aula, le sedute delle tribune e della platea, l’allestimento del cortile di ingresso e la nuova scala in ferro e legno dell’ex sacrestia.
La chiesa restaurata è divenuta luogo di riferimento per la cultura a Treviso, con un calendario di eventi adatto alla sua nuova identità e è tornata a accogliere le opere d’arte che lo decoravano, grazie a una felice quanto veloce intesa con il Comune di Treviso che le ha custodite per quasi un secolo nei Musei civici.
Nel presentare l’opera di restauro, nell’ottobre 2017, Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton, ha notato: «la musica sarà protagonista negli spazi della chiesa di San Teonisto, che si presta a diventare un luogo di sperimentazione e contaminazione tra linguaggi diversi, in dialogo tra antico e moderno, ricerca e divulgazione».
L’opera di restauro ha comportato studi e ricerche che hanno viste coinvolte diverse personalità tra cui Andrea Bellieni, della Fondazione Musei civici di Venezia; Fabio Fregonese, architetto, direttore dei lavori di San Teonisto; Veronica Groppo, archeologa; Emilio Lippi, direttore dei Musei civici di Treviso; Eugenio Manzato, storico dell’arte.
Le opere d’arte
Sabato 13 gennaio 2018 una cerimonia pubblica, con la partecipazione del presidente della Fondazione Benetton, Luciano Benetton, il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, ha festeggiato il ritorno nella chiesa di San Teonisto di Treviso di molte delle opere pittoriche che erano patrimonio dell’edificio monastico sino alla sottrazione napoleonica del 1810.
Le grandi tele dell’antica chiesa trevigiana furono commissionate nel corso del Seicento dalle monache benedettine che avevano eretto il convento e la chiesa a illustri pittori dell’epoca quali Jacopo Lauro, Carletto Caliari, Matteo Ingoli, Bartolomeo Scaligero, Pietro della Vecchia, Ascanio Spineda, Alessandro Varotari detto il Padovanino, Matteo Ponzone, Paolo Veronese e Antonio Fumiani. Quando, per effetto dei decreti napoleonici, il monastero venne demanializzato, tre delle opere d’arte presenti vennero confiscate per essere spostate nelle Gallerie milanesi di Brera nel Louvre. In realtà non finirono in Francia, ma anche dopo il 1815 restarono demaniali.
Con alcune integrazioni di altre opere di origine trevigiana, i maggiori teleri restarono visibili nella chiesa riconsacrata ma, durante la seconda guerra mondiale, subirono le conseguenze del grave bombardamento del 3 dicembre 1944 e vennero quindi ricoverati presso la Soprintendenza a Venezia. Con il riallestimento dei Musei civici del 1952, curato da Luigi Coletti, il ciclo dei Santi Benedettini e tutti i teleri del presbiterio vennero esposti nelle sale del Museo Bailo dedicate al Seicento e dal 2010 al 2015 furono in parte riallestiti nella Pinacoteca del museo di Santa Caterina. Sinché non sono tornati sui muri per i quali erano stati dipinti, restituiti alla loro originaria bellezza.
I dipinti inizialmente sottratti a San Teonisto erano 22, taluni di grandissime dimensioni. Ne sono tornati 18 mentre una delle pale d’altare, “Le nozze di Santa Caterina” del Lazzarini, inserita nelle esposizioni stabili della Pinacoteca Civica, è restata nelle sale dei Musei trevigiani. In sostituzione di essa, dalla Pinacoteca è giunta però la pala della “Madonna del Rosario e i santi Domenico e Rosa” di Jacopo Lauro. Una sostituzione per nulla casuale. Questa pala, infatti, era già stata collocata in San Teonisto allorché un dipinto della stessa chiesa, il “Martirio di Santa Giuliana”, finì nel Castello Sforzesco di Milano, dove ancora è conservato.
All’appello mancano ancora tre capolavori. Oltre al citato “Martirio di Santa Giuliana” di Carletto Caliari, ora di proprietà dello Sforzesco, la pala dell’altare maggiore di Jacopo Palma il Giovane, “Martirio dei Santi Teonisto, Tabra e Tabrata” (1603), ancora nei depositi di Brera dopo il rientro dal prestito alla chiesa parrocchiale di Brusuglio. La terza delle opere mancanti, “Le Nozze di Cana” di Paolo Veronese e bottega (1580), è custodita nella Sala Gialla di Palazzo Montecitorio, a Roma.
«La famiglia Benetton ha restituito dignità a questa antichissima chiesa e ha voluto affidarla alla nostra Fondazione perché la faccia vivere» ha commentato Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton.
Nel PDF qui di seguito è possibile osservare la disposizione delle opere d’arte in San Teonisto.