Architetture per il culto

Una città celeste: l’Apocalisse ne traccia l’immagine ben definita e articolata. Molto concreta pur nella sua astrazione. Perché la Gerusalemme Celeste è anzitutto il simbolo di un luogo che sta al di sopra di tutti i luoghi. Immagine della città dove la giustizia è compiuta nell’amore che deriva dall’effusione dello Spirito. Nella tradizione ebraica è presente per esempio nel sogno di Giacobbe: vi conduce la scala dove salgono e scendono gli angeli. Nella visione giovannea la perfezione geometrica della città pervasa di luce che è segno della presenza divina. Le dodici porte, i dodici basamenti su cui poggia, i colori di cui brillano le pietre preziose di cui splende, l’albero della vita… molteplici sono le figure simboliche che abitano la Gerusalemme dell’Apocalisse e spesso variabili le interpetazioni.

Ma Jerusalem resta il luogo dell’incontro del divino con l’umano. E il fatto che le tre religioni del Libro riconoscano nella Gerusalemme il luogo della trascendenza ne fa il sito più ambito. Nella visione medievale che Dante esprime nella sua Commedia essa stessa il Paradiso.

Questo suo essere a cavallo dei mondi spirituale e materiale, luogo di incontro tra le genti e le fedi, città umana ma, proprio in quanto tale, pervasa di divinità, la rende momento fondante del pensare la fede attraverso le forme concrete che questa imprime al luogo ove ci si riunisce nella preghiera.

Di qui la scelta del nome Jerusalem per questo nuovo spazio che nel vasto mare del Web si dedica all’architettura dei luoghi per il culto. Intesi nel loro essere architettonico, ma anche visti attraverso il pensiero che alle loro fome e articolazioni conduce.

Vi sono tanti siti dedicati all’archtettura, e alcuni sono specializzati in questo settore particolare.

Perché dunque aggiungerne un altro?

La risposta è semplice. Perché la fede è stata da molti intesa come patrimonio esclusivo, e c’è chi ancora la vede in questo modo; oppure come strumento per imporre una certa visione del mondo, fondata su rapporti di esclusività, o su scelte preconcette.

Jerusalem è il nome che prende il luogo della pace: Jeru vuol dire città in ebraico, Shalem, o Shalom, vuol dire pace. E nella pace vige il rispetto reciproco, senza il quale v’è il tentativo di soperchiare che, se esercitato su un terreno in vario modo collegato al culto, assume il volto del censore.

Jerusalem desidera porsi come spazio di libertà: spazio aperto al dialogo.

Gli argomenti di architettura e di liturgia, di arte e di tecnologia, di urbanistica e di impiantistica vi sono trattati al di fuori delle visioni ideologiche, con lo scopo principale di alimentare il dibattito su un tema che sta al cuore dell’architettura e dello spazio urbano.

Perché non v’è città senza un luogo di culto, come non v’è comunità che possa sussistere se le persone non sono capaci di chinare il capo e riconoscersi figli di un unico Padre, così riconoscendosi fratelli.

Il cuore degli spazi urbani è proprio la chiesa, o altrimenti il tempio, la sinagoga, la moschea. Da sempre è così. Nel mondo attuale chiamato a rigenerarsi dopo le tante cadure che ha conosciute, la città che è il volto più evidente della società, saprà rifondarsi nella misura in cui saprà riconoscere le proprie radici e da quelle ripartire.

Per offrire nuove opportunità ai nuovi arrivati, perché nuovi rami e nuove foglie si diffondano a ricevere la luce del sole.

Jersalem è lo spazio in cui le architetture per il culto, antiche, contemporanee e future potranno dialogare, e potranno dialogare gli artefici e coloro che le abitano.

Nel rispetto e nella libertà: due termini che, inestricabilmente interconnessi, sono sempre fonte di cultura e porta aperta verso il futuro.

3 COMMENTS

  1. Buongiorno: vi contatto desiderando proporre anche a voi l’architettura immaginata ed abbozzata avanzando lungo il PERCORSO RIABILITTAIVO che, grazie a Dio, affronto proficuamente da tempo, seguito al TRAUMA (elisoccorso/degenza comatosa potenzialmente irreversibile perdurata 53gg . . . lenta ma PROFICUA riabilitazione, soddisfacente seppur non ancora effettivamente conclusa) subito sull’asfalto 14,5 anni fa circa (24/4/2004).
    Guadagnando la possibilità di INTENDERE ho ricavato l’opportunità di vivere coscientemente.
    Intendendo che la vita interpretata nella fisicità presente corrisponde alla gestazione dell’eternità post-mortem ho immaginato/abbozzato l’architettura destinata al culto che ritengo dovrebbe/potrebbe essere dall’inizio dei tempi, da me appellata ChiesAuovo.
    Ritengo che la stessa, avanzando efficacemente la mia testimonianza, offrirebbe a chiunque la possibilità di intendere e vivere coscientemente.
    La stessa si presenta proponendo forme deducibilmente prossime a quelle di metà volume ovoidale coricato al suolo.
    Ho immaginato e tracciato una struttura in legno lamellare, capace di sostenere il materiale termoisolante e sostenere il manto di copertura, costituita da una coppia d montanti a profilo emiovoidale capaci di sorreggere traversi arcuati che evolvono in modo da plasmare un quarto sferoidale nella parte posteriore, un quarto elissoiodale nella porzione anteriore del volume edilizio.
    Ho inoltre immaginato in vetro strutturale la porzione anteriore destinata al pulpito: la immagino capace di essere sorgente di luce, da lì viene la Parola, da lì viene la luce, la possibilità d intendere e vivere coscientemente.
    Chiedo di potervi incontrare per discutere e definire la progettualità relativa in modo da riflettere a lue guadagnata grazie a Dio, la stessa che desidero fortemente possa essere messa in opera quanto prima.
    Saluto attendendo di ricevere una vostra risposta capace di evolvere la progettualità celeste annotata.
    Arch. Levorin Sergio, miracolo vivente, residente a Chivasso (TO)

  2. Chiedo ancora che possa essere accolta la mia volontà di esprimere la gratitudine proponendo la Verità raccolta tradotta nel linguaggio dell’architettura.
    Affrontando il soddisfacente PERCORSO RIABILITATIVO al quale mi dedico da anni ho inteso la veridicità della Verità proposta dalla fede cattolica, secondo la quel la vita interpretata nel presente corrisponde alla gestazione dell’eternità ultraterrena ed ho immaginato/abbozzato un’architettura pronta a veicolare la mia testimonianza, un edificio di culto che propone forme deducibilmente prossime a quelle di metà volume ovoidale coricato al suolo, denominata “ChiesAuovo”.
    Ho annotato la stessa via Facebook.
    Inviando il presente chiedo possiate consultare al pagina web ricavabile cercando “ChiesAuovo” via Facebook e di poter collaborare con voi alla definizione progettuale dell’architettura che mi permetto di ritenere corrisponda a quella che dovrebbe essere diffusa a livello internazionale da due millenni.
    Chiedo e Dio che così possa essere quanto prima.
    Arch. Levorin Sergio, giovane uomo (C.F.: LVRSRG78P15C65N) residente a Chivasso (TO)

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