Lucio Fontana nasce a Rosario di Santa Fé, in Argentina, il 19 febbraio 1899, figlio di Luigi, scultore, nato a Capolago di Varese, emigrato negli Anni Novanta del XIX secolo, e di Lucia Bottini. Lucio segue gli studi a Castiglione Olona – ospite di uno zio – al collegio Torquato Tasso di Biumo e al collegio Ballerini di Seregno per poi concludere il suo percorso scolastico nel 1915 all’istituto tecnico Carlo Cattaneo di Milano.
Partecipa come volontario alla Grande Guerra come sottotenente, è ferito sul Carso e viene decorato con una medaglia al valor militare. Ritornato in Argentina nel 1922 con la famiglia (il padre si era sposato a Rosario nel 1903 con Anita Campiglio, nativa di Comabbio), lavora nel laboratorio paterno per poi aprire nel 1924 un proprio studio di scultura a Rosario. Nel 1927 ritorna in Italia e si iscrive all’Accademia di Brera seguendo i corsi di scultura di Adolfo Wildt. La sua prima mostra personale la tiene nel 1934 alla Galleria del Milione, nel 1934 aderisce al “Abstraction-Création”, nel 1935 sottoscrive il manifesto della “Prima mostra collettiva d’Arte Astratta
Italiana” con: Ghiringhelli, Melotti, Veronesi, Licini. Tra il 1936 e il 1938 sviluppa la sua attività di ceramista, lavorando ad Albisola da Tullio Mazzotti e in Francia alla manifattura di Sèvres. Nel 1940 ritorna presso la famiglia in Argentina, continuando a lavorare come scultore fino al 1947 e insegnando a Buenos Aires; nel 1946 promuove il “Manifiesto Blanco”, sottoscritto dai suoi allievi. Dopo la morte del padre Luigi Fontana a Rosario di Santa Fé nel 1946, rientra definitivamente in Italia ( nel marzo del 1947 ) e si stabilisce a Milano, diventando un punto di riferimento per gli artisti italiani d’avanguardia e sottoscrivendo i manifesti dello spazialismo. Fu così che iniziò a realizzare i primi “Ambienti spaziali”. Nei primi Anni Cinquanta le sue ipotesi artistiche spaziali trovano una personale espressione nei “buchi” e nei “tagli” delle tele, della carta e, più tardi, nelle lastre d’alluminio e di rame (i suoi famosi “concetti spaziali”).
Nel 1951 partecipa al concorso per la quinta porta del Duomo di Milano. Nel 1952 si sposa con Teresita Rasini (1909-1995), e nel 1953 allestisce due soffitti con perforazioni e luci al neon alla Fiera Campionaria di Milano. Nel 1958 la 29° Biennale di Venezia gli dedica una sala personale; nel 1959 realizza le Nature, sculture in terracotta, e nel 1964 i Teatrini. Nel 1966 alla 33° Biennale di Venezia, la sua sala, concepita come un “Ambiente spaziale”, riceve il Gran Premio. Nel 1967, per ragioni di salute, si ritira definitivamente nella sua casa di campagna a Comabbio (Varese), l’antica casa di famiglia che aveva restaurato negli Anni Sessanta, dove apre il suo ultimo atelier. Qui si spegnerà il 7 settembre 1968 e da allora riposa nel piccolo cimitero del paese.
In occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa – nel 2018 – e del 120esimo anniversario della sua nascita – nel 2019 – Milano e New York City gli dedicano importanti mostre. Eccoci, così, di fronte alla produzione di Lucio Fontana tra “Sacro” e “Profano” – perché Fontana è sempre da esplorare, è sempre da studiare. Fondatore dello Spazialismo, e uno degli artisti più innovativi del Ventesimo Secolo, è noto per la sua serie di “Tagli”, elaborati a partire dal 1958, che divennero simboli dell’era artistica del Secondo Dopoguerra.
Una conferma del sempre vivo apprezzamento verso la poetica di Lucio Fontana viene oggi dal successo che stanno ottenendo due mostre su di lui inaugurate a New York City. La prima, “Spatial Explorations – Lucio Fontana and the Avant-garde in Milan in the 50’s and 60’s” è all’Istituto Italiano di Cultura: in esposizione capolavori dello Spazialismo e di altre correnti italiane provenienti dalla collezione di Intesa Sanpaolo. Altre due opere dell’artista italo-argentino – ancora provenienti da Intesa Sanpaolo – sono invece esposte al The Met Breuer, sede del Metropolitan Museum of Art dedicata all’arte contemporanea, nell’importante mostra intitolata “Lucio Fontana: On the Threshold”.
Queste due opere sono “Concetto spaziale: la Luna a Venezia” (del 1961) e “Concetto spaziale: attese” (del 1967). Nella mostra “Spatial Explorations – Lucio Fontana and the Avant-garde in Milan in the 50’s and 60’s”, curata da Francesco Tedeschi, l’attenzione è puntata sul ruolo di Milano che in quella stagione rappresentò un polo importante della scena artistica europea e anche internazionale. Oltre ad alcune opere del leader dello Spazialismo, sono esposte produzioni di esponenti del nuclearismo e del gruppo “Azimut” (Crippa, Dova, Tancredi, Deluigi, Scanavino, Baj, Dangelo) e di chi occupò la scena artistica negli anni Sessanta (Manzoni, Castellani, Bonalumi, Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi, Varisco, Dadamaino, e Arturo Vermi).
La mostra al The Met Breuer – Metropolitan Museum of Modern Art (Floor 3 and Floor 5) intitolata “Lucio Fontana: On the Threshold”, aperta dal 23 Gennaio 2019 al 14 Aprile 2019, è la prima retrospettiva dell’artista italo-argentino negli Stati Uniti dopo più di quarant’anni e rivaluta l’eredità di questa figura chiave del dopoguerra attraverso una selezione di squisite sculture, ceramiche, dipinti, disegni e “Ambienti spaziali” realizzati tra il 1931 e il 1968. Il percorso espositivo presenta straordinari esempi di questa serie iconica, esplorando anche l’origine di Lucio Fontana come scultore e il suo lavoro pionieristico con gli ambienti, contestualizzando la natura radicale dei tagli all’interno della pratica più ampia dell’artista.
«Fontana ha radicalmente ampliato il piano dell’immagine in una terza dimensione. Il suo approccio rivoluzionario rappresenta un momento sismico per l’arte del ventesimo secolo, trasformando dipinti, sculture e oggetti in nuovi concetti di spazio e in ambienti sperimentali», ha affermato Max Hollein, direttore del Metropolitan Museum of Modern Art. «Oltre ad esplorare l’antica incursione di Fontana nella scultura e nella ceramica, è stata la sua audace lacerazione della piatta tela monocromatica del 1958 che lo ha identificato come uno degli artisti più iconici del XX secolo. Doppio cittadino dell’Argentina e dell’Italia, la sua opera riflette una variegata sensibilità che attraverso i numerosi momenti salienti della mostra ci rende consapevoli dell’essenza radicale della pittura, che letteralmente squarcia la superficie della storia per aprire una porta verso un altro tempo e una dimensione spaziale» ha affermato Sheena Wagstaff, Leonard A. Lauder Chairman for Modern and Contemporary Art, The Metropolitan Museum of Art. Benché conosciuto principalmente come pittore, Fontana era ben avviato nella sua carriera quando, nel 1949, usò per la prima volta una tela. La mostra presenta esempi della sua prima serie di dipinti perforati intitolata “Buchi”, oltre a dipinti caricati con pesanti impasti o incrostati con vetri di Murano che hanno preceduto i “Tagli”.
La mostra “Lucio Fontana: On the Threshold” disegna l’approccio di Fontana alla pittura rivalutando il suo lavoro nella scultura e nelle arti decorative. Non dimentichiamo il suo essere stato un pioniere degli ambienti – quelli che chiamò “Ambienti spaziali” – ed i suoi esperimenti con la luce e con lo spazio, incluso il suo uso del neon, aprirono la strada ad eccitanti sviluppi futuri in ambienti e installazioni artistiche. La mostra include anche la ricostruzione del monumentale arabesco al neon intitolato “Neon Structure for the Ninth Milan Triennial” (del 1951) (inaugurata a partire dal 28 gennaio e visibile nella Gallery 913 del The Met Fifth Avenue) e due installazioni immersive mai presentate prima negli Stati Uniti d’America: “Ambiente spaziale – Utopie” per la XIII Triennale di Milano del 1964 e “Ambiente spaziale a luce rossa” del 1967. In coincidenza con la mostra al The Met Breuer, sempre sulla Fifth Avenue il “El Museo del Barrio” – luogo simbolico nel ricordo delle origini di Lucio Fontana in America Latina – presenterà l’ultimo ambiente spaziale di Fontana per la “Documenta 4. Internationale Ausstellung” che ebbe luogo dal 27 giugno fino all’8 ottobre 1968 a Kassel poco prima della scomparsa di Fontana.
Si è chiusa il 27 Gennaio 2019 la mostra “L’Arte Novissima. Lucio Fontana per il Duomo di Milano – 1936-1956” presso la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, inaugurata il 27 Ottobre 2018. Mentre a New York City è il Lucio Fontana “Profano” a essere ristudiato, riscoperto, la Milano che è stata la città di Fontana lo celebra come artista del “Sacro”: la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano ha reso – e continua a rendere – omaggio al grande artista italo-argentino con una mostra sulla sua attività per la Cattedrale Ambrosiana. All’interno della Sala “Gian Galeazzo” del Museo del Duomo, interamente rinnovata per l’occasione, la mostra dedicata a Lucio Fontana ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. Il focus è il bozzetto della Quinta Porta del Duomo, mai esposto al pubblico prima di quel momento. L’evento ha costituito l’occasione ideale per presentare al pubblico il restauro dell’ultimo Bozzetto in gesso della Quinta Porta del Duomo, creato da Fontana tra il 1955 ed il 1956 e giacente presso il Cantiere Marmisti della Fabbrica. L’opera è l’ultima che Fontana realizzò per la Quinta Porta della Cattedrale. Una competizione per la quale egli elaborò alcune “prove”, definite dalla Fabbrica “Arte Novissima”: un’arte sacra talmente moderna da non trovare posto, infine, sulla facciata della Duomo. Infatti, la porta fu assegnata a Luciano Minguzzi, vincitore ex aequo con Fontana del concorso che la Fabbrica aveva indetto nel 1950 per l’esecuzione dell’opera. Il bozzetto si aggiunge all’altro gesso fontaniano attualmente compreso nelle raccolte della Veneranda Fabbrica, cioè il “Cavaliere” realizzato fra 1951 e 1952. Gli ulteriori gessi, dai quali sono state tratte alcune delle fusioni bronzee esposte nel Museo del Duomo, sono stati concessi in deposito dalla Fabbrica al Museo Diocesano milanese, dove sono tutt’ora esposti. Il precario stato conservativo del modello ha richiesto un fondamentale e delicato intervento di restauro.
L’operazione, approvata dalla “Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Milano” e condotta da Marta Berolatti, si concluderà in mostra, grazie al sostegno di Borsa Italiana. La mostra, realizzata sotto la direzione del Comitato Scientifico Museo del Duomo di Milano presieduto da Monsignor Gianantonio Borgonovo, è curata da Michele Aversa, Giulia Benati, e Massimo Negri, con il coordinamento di Elisa Mantia. È organizzata in tre sezioni e ripercorre l’avventura creativa di Lucio Fontana in Duomo, cominciata nel 1935 tramite l’incarico di una statua per l’interno della Cattedrale (“San Protaso”, del 1940) e proseguita con il concorso del 1950. Oltre al bozzetto della “Quinta Porta”, il percorso espositivo comprende il già citato “Cavaliere” in gesso e alcune fusioni bronzee dei bozzetti creati da Lucio Fontana per il Duomo. Fra le altre opere in mostra – che comprendono disegni e sculture di artisti coinvolti nella vicenda della “Quinta Porta” quali Aurelio Mistruzzi, Francesco Messina ed Enrico Manfrini – si segnalano inoltre alcuni disegni preparatori prestati dalla Fondazione Lucio Fontana. In occasione della mostra è avvenuto il posizionamento in Duomo della “Pala della Vergine Assunta” bronzea del 1972, collocata sull’altare di Sant’Agata: l’opera è la versione bronzea di una pala d’altare che la Veneranda Fabbrica decise di fondere nel 1972 sulla base del modello in gesso che l’artista modellò su richiesta della stessa Veneranda Fabbrica nel 1955. Fontana, infatti, avrebbe dovuto trasporre il bozzetto in marmo di Candoglia, ma il progetto rimase incompiuto.
Nel frattempo, a partire dal 26 Febbraio 2019, presso il Museo Diocesano di Milano “Carlo Maria Martini”, è aperta la mostra intitolata “Lucio Fontana. Le due Pietà per il Duomo di Milano” in continuità con la precedente, aperta fino al 05 Maggio. L’iniziativa offre l’occasione unica di un confronto ravvicinato tra le due versioni della predella della monumentale “Pala della Vergine Assunta” oggi conservata al Museo Diocesano di Milano, realizzate rispettivamente nel 1954 e nel 1955. Allestita nella Sala Fontana del Museo che accoglie alcuni dei bozzetti in gesso per il concorso della “Quinta porta” del Duomo del 1950 e la Via Crucis “bianca” in ceramica del 1955, consente una riflessione sul percorso creativo sacro dell’artista italo-argentino. Si tratta di una straordinaria occasione di confronto tra le due versioni della predella della “Pala della Vergine Assunta”. Il bozzetto al vero della “Pala della Vergine Assunta” fu realizzato da Fontana tra il 1954 e il 1955, a seguito del concorso bandito nel novembre 1950 dalla Veneranda Fabbrica del Duomo in concomitanza con la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria da parte del Papa Pio XII. L’opera rappresenta una Vergine Assunta di dimensioni monumentali, ai piedi della quale è collocata una predella di dimensioni più ridotte raffigurante la “Pietà”. Si tratta di un confronto di opere in gesso di elevato valore artistico. Ricordiamo che fu proprio dopo la presentazione di piccoli bozzetti in scala, alcuni dei quali oggi dispersi, che la Veneranda Fabbrica chiese a Fontana un modello in gesso in scala reale, che sarebbe poi dovuto essere tradotto in marmo di Candoglia e destinato all’altare di Sant’Agata in cattedrale. L’opera non venne mai portata a termine e il progetto rimase incompiuto. Nel 1972, tuttavia, venne realizzata una fusione postuma in bronzo, oggi temporaneamente collocata sull’altare di Sant’Agata nel Duomo di Milano.