Presentiamo due tesi di laurea tra loro coordinate, frutto di un lavoro incentrato sull’idea di erigere nel capoluogo lombardo un edificio articolato in cui si incontrino le tre religioni del Libro pur nella distinzione degli spazi dedicati al culto. Le due tesi sono di Lucilla di Paolo e Martina di Pardo. Delle due proposte, evidenziamo due differenze: un progetto è impostato secondo una tensione lineare, l’altro segue un approccio più fluido; un progetto prevede le aule dedicate al culto in prossimità degli accessi principali al sito, l’altro le colloca verso l’interno. Pur nell’ambito di una certa coerenza, si tratta di due prospettive piuttosto differenti, che suggeriscono tante riflessioni. Per esempio: se si desideri che il luogo per il culto sia ben visibile così da fungere da “annuncio” rivolto allo spazio profano, o se si desideri che esso sia collocato a conclusione di percorsi che consentano di rievocare l’iniziazione.

I progetti sono proposte, vanno anche intesi come nutrimento per il pensiero e per il dialogo.

 

Sapienza – Università di Roma – Facoltà di architettura

Tesi di laurea in Progettazione Architettonica

  1. A. 2015-2016

Titolo: “Centro culturale interreligioso completo di aule liturgiche per le tre confessioni monoteistiche e servizi di quartiere da erigersi in area designata dal Comune di Milano

Relatrice: prof.ssa Guendalina Salimei.

Correlatori: prof. Emanuele Habib, arch. Stefano Mavilio, mons. arch. Giancarlo Santi

Dott.sse: Lucilla Di Paolo, Martina Di Pardo.

Prefazione di Stefano Mavilio

Non necessita riandare alle Sacre Scritture per rinvenire le trame e gli orditi che da allora legano in un unico “disegno divino” le tre religioni monoteistiche; mi basta rammentare, ad esempio, la simbologia del numero dodici, che di volta in volta corrisponde – in ordine puramente cronologico – alle dodici tribù di Israele che si riteneva discendessero dai dodici figli di Giacobbbe; ai dodici apostoli di Cristo; ai dodici Imam dello Sciismo, per finire ai dodici spigoli del Tempio: cubo, Kaaba, che di volta in volta decliniamo – a seconda delle diverse tradizioni – come sinagoga, chiesa e moschea, sempre in ordine cronologico, tutte archetipicamente “comprese” nell’idea di Tempio Sabeo, di tempio Archetipico, costruzione primigenia, a sua volta sagomata in guisa di Paradiso- Pardesh: quadrata come quadrata sarà la Gerusalemme Celeste.

Non necessita rileggere gli scritti recenti di Papa Francesco e le sue ripetute esortazioni all’unità delle fedi e delle genti, per capire che troppo c’è ancora da fare sulla via della tolleranza.

Su questa via si inoltrano le dottoresse Di Paolo e Di Pardo, nell’ambito del loro lavoro di tesi, relatrice la professoressa Salimei, con la ideazione e la successiva progettazione e restituzione grafica di un centro inter-religioso che – superati i velleitarismi vacui del sincretismo, delle cappelline multi confessionali in stile New Age – situi correttamente, ciascuno secondo la sua volontà, i tre diversi luoghi di culto, in un contesto periferico e su di un suolo assegnato, che includa fra l’altro: biblioteca, auditorium, mense, sale studio e foresterie.

In quanto ai progetti non spetta a me giudicare; posso soltanto dire che dal punto di vista dell’architettura l’esperimento è riuscito, identificando in un unico “corpo a tre teste”, la metafora progettuale nella quale realizzare rispettivamente un edificio e una unità culturale – certo non cultuale – da tanto tempo attesa.

© Stefano Mavilio

Introduzione

Il dialogo è la ‘cifra simbolica’ che si impone nella post modernità,

in cui si assiste a varie forme di ibridazioni e ‘inseminazioni’ di una cultura nell’altra.

La convinzione da cui muove la riflessione

è che il pluralismo religioso è una pre-condizione necessaria

del villaggio globale per il nostro futuro

e il quesito che ci riguarda come comunità umana

non è quello di chiederci ‘quale sarà la religione vera’

ma ‘che cosa è possibile fare per permettere la coesistenza pacifica sul pianeta

tra le diverse religioni del pianeta

(Canta C. C., La pratica del dialogo in Italia [1])

Il secolo in cui viviamo si è aperto all’insegna di disaccordi e contrasti non risolti tra religioni e culture differenti. Si avverte sempre più il bisogno di instaurare un dialogo -dovuto e necessario- tra le diverse culture, religioni e gruppi etnici presenti in Italia, anche e soprattutto per il peso della immigrazione che “attraversa” il nostro paese. Da queste motivazioni e dallo studio della società contemporanea è nata l’idea che ci ha condotte nel 2014 a proporre un progetto di tesi che fosse incentrato sulla ricerca di un luogo comune ed aperto alla conoscenza ed alle interrelazioni fra le tre confessioni monoteistiche.

Tutto nasce da una semplice domanda: “Cosa vuol dire -oggi- dialogo interreligioso?”

“Dialogo interreligioso”, ovvero discorso fra due persone (dal greco διά-λογος), è un confronto tra le diverse religioni del mondo (Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo, Buddismo, Induismo ecc.) sulla base di una “comunione” già esistente, nel rispetto dell’alterità dell’interlocutore, avente per fine una unione più profonda.

  1. Uno sguardo sul presente

L’architettura ha da sempre un ruolo fondamentale all’interno delle società, in quanto soddisfa le esigenze sociali seguendo la loro evoluzione. Nella società odierna l’architettura affronta tematiche di varia natura, sempre più legate ai cambiamenti -dal tessuto urbano alle questioni bioclimatiche- ed alle modificate esigenze umane, dal sociale al politico; dal che deriva, conseguentemente, un’architettura più sostenibile ed energeticamente efficiente; un’architettura che rivaluti, riusi e sappia valorizzare “scampoli” di suolo, di volta in volta assegnati alle funzioni più diverse; un’architettura che integri ciò che è fuori dalle cosiddette periferie, agli emarginati senza distinzione di razza e di credo per finire ai cosiddetti “nuovi poveri”.

Il passo in più che ancora una volta viene chiesto all’architettura consiste nella necessità di costruire un dialogo attraverso un nuovo spazio (urbano, sociale, culturale) che permetta all’uomo di incontrarsi sul tema della “multi religiosità” ma che prima ancora del “dialogo interreligioso”, consenta di “ricostruire” la nostra sensibilità e la nostra coscienza di esseri umani, affinché ci sia più tolleranza e la religione non diventi solo un pretesto di facili antagonismi ma un’occasione di conoscenza dell’altro.

Attualmente esistono spazi ‘multi religiosi’ che non hanno una definizione simbolica precisa; sono spesso semplici “stanze”, quali ad esempio la Rothko Chapel, luogo di preghiera aconfessionale realizzata a Houston, nel Texas, fortemente voluta da John e Dominique de Menil; uno spazio caratterizzato da un vuoto centrale nel quale è possibile prendere posto e pregare il proprio credo silenziosamente; oppure luoghi ibridi, di raccoglimento e di preghiera personale, quali quelli sempre più diffusi all’interno di aeroporti, stazioni e ospedali. Questo tipo di aule sono aperte a tutte le confessioni religiose e per questo non presentano caratterizzazioni simboliche e liturgiche riconducibili alle diverse religioni; sono delle sale pressoché neutre, dotate di sedute, nelle quali, necessariamente, la luce – spesso artificiale – è l’unico elemento di rilievo; ne deriva che i credenti non possono riconoscersi in quegli spazi privi di connotazione alcuna, né possono praticare il proprio credo collettivamente seguendo le relative liturgie.

Un passo avanti si è fatto a Berlino un paio di anni orsono, con il concorso internazionale per un centro interreligioso, “Haus der drei religionen” (la casa delle tre religioni), che tenta di unire sotto lo stesso tetto le tre religioni monoteistiche; vinto dallo studio di architettura Kühn Malvezzi, fondato dall’italiana Simona Malvezzi e dai tedeschi Wilfried e Johannes Kühn. Il Bet-und Lehrhaus è il primo edificio di questo tipo al mondo ad affrontare questa tematica cercando di accogliere in un sol luogo le esigenze della città di Berlino e della sua società multietnica ed in continua evoluzione.

  1. “Item” progettuali e soluzioni proposte

Poiché la nostra tesi di laurea vuole essere una “tesi pilota”, abbiamo deciso di fissare pochi ma chiari “item” progettuali:

– limitare la convivenza e la compresenza religiosa alle sole tre religioni monoteistiche – già che queste tre religioni hanno una radice comune nello stesso Dio e nei medesimi profeti, tanto da potersi definire Abramitiche – pur auspicandoci che un giorno si possa realizzare un luogo di preghiera nel quale possano convivere anche le altre culture e religioni;

– che ogni singola religione qui presente sia “irriducibile” e che la diversità sia mantenuta se non addirittura accentuata: è nostra opinione che condividere il medesimo luogo di culto sia una inutile e anacronistica forzatura.

– a fronte della scelta di avere luoghi di culto separati, per evitare un sincretismo inutile e non voluto si ritiene altrettanto necessaria, ai fini del dialogo e della contemporanea integrazione di questo luogo nel tessuto urbano e sociale in cui esso è inserito, la presenza di spazi comuni per incontrarsi, dialogare e promuovere occasioni di studio tra i religiosi e gli studiosi delle singole e diverse confessioni.

A prescindere dai presupposti progettuali, di cui sopra ed ai quali si è inteso dare una risposta, il nostro progetto muove inoltre da una precisa domanda: “il centro inter-religioso deve promuovere la convivenza o agevolare la separazione?” La soluzione adottata favorisce entrambe le possibilità, prevedendo spazi di diverse dimensioni, dove il confine tra coesione e separazione è assai sottile, consentendo contemporaneamente la socialità e il necessario isolamento, specialmente negli spazi residenziali, pensati come cellette monastiche, più che come stanze d’albergo.

In ottemperanza ai suddetti presupposti, il progetto sarà caratterizzato sia da luoghi per la preghiera sia da luoghi per attività culturali (un centro educativo e culturale completo di biblioteca, sala esposizioni, aule per la lettura e per lo studio). Altrettanto importante il connettivo e gli spazi interstiziali, ai quali è affidato il compito di riannodare i fili del pubblico e del privato.

  1. La scelta del sito

Per quanto riguarda l’ubicazione del complesso edilizio, per una tesi a carattere marcatamente sperimentale, si è pensato che il progetto richiedesse una posizione “centrale”, in una città italiana cosmopolita, multiculturale e multietnica. Dagli studi condotti sui flussi migratori provenienti dall’Africa, dalle Americhe e dall’Europa dell’Est, e dalle relative analisi, abbiamo optato per una città da scegliersi tra Milano, Roma e Torino; abbiamo quindi scelto Milano. La Lombardia infatti ha la maggiore presenza di immigranti sul suolo italiano che fanno di questa regione un polo multiculturale e multietnico per eccellenza; basti pensare che la popolazione straniera residente a Milano nel 2014 era circa di 250.000 individui riferibili a diverse etnie e confessioni, la qual cosa ha avuto una ricaduta anche in termini della richiesta di “servizi” – soprattutto per quanto riguarda gli edifici di culto e nonostante la politica di opposizione voluta dalla Giunta leghista – che ha avuto esiti recenti con la bocciatura da parte della Consulta della cosiddetta “legge anti moschee”.

Proprio nei giorni della scelta del lotto per il nostro progetto è stato pubblicato il bando di concorso per una moschea e altri edifici di culto a Milano, mediante il quale la città si avvia alla costruzione di una Moschea (il fatto che Milano non abbia ancora oggi una grande moschea, nonostante la vasta presenza di musulmani in Lombardia, e la succitata legge regionale, risulta inspiegabile). Un progetto fortemente voluto dall’amministrazione di Giuliano Pisapia, il sindaco che già nel 2012 nel corso di un’intervista, aveva spiegato in maniera netta: “la nostra Costituzione, all’articolo 19, dice che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa. Milano deve essere anche la capitale del dialogo interreligioso” . Il 7 ottobre 2014 vengono designate le tre aree dismesse che saranno messe a bando dal Comune per la realizzazione di luoghi di culto, ubicate presso via Marignano, via Sant’Elia, via Esterle (v. Tavola 3). Le tre aree sono destinate a confessioni religiose diverse, scelte attraverso un concorso pubblico tra le 60 religioni iscritte all’Albo istituito dal Comune di Milano nel novembre del 2012.

tavola 3 (FILEminimizer)

In dettaglio le tre aree risultano esser: via Marignano (area di 3400 mq, adiacente alla fermata metro S. Donato e al parcheggio corrispondente Atm); Sant’Elia (area di 5000 mq occupati attualmente dal tendone della protezione civile, proprio accanto all’ex Palasharp, già frequentato dai musulmani appartenenti all’Istituto culturale di viale Jenner, che ogni venerdì si incontrano per la preghiera); via Esterle (area occupata oggi dagli ex bagni pubblici di via Esterle, circa 1.490 metri quadri molto prossimi alla Casa della cultura islamica di via Padova e di interesse di quest’ultima).

La nostra scelta, alla fine delle considerazioni preliminari, è ricaduta sull’area di via Marignano nonostante fosse la meno interessante ai fini dei programmi edilizi della Comunità Islamica. A rafforzare tale scelta, il fatto che essa si trova in un punto strategico della periferia per quanto riguarda la mobilità, vista la presenza del nodo di scambio del capolinea della metro San Donato, Comune con il quale l’area confina.

  1. Il progetto

Il progetto del nuovo centro culturale inter-religioso per la città di Milano, muove dalle prime suggestioni avute durante i sopralluoghi. Essendo l’area di progetto circondata su tre lati da zone verdi e su un solo lato dal polo di scambio del capolinea della linea 3 della metropolitana (linea gialla), fattori in forte contrapposizione tra di loro, il nuovo organismo architettonico segue un andamento decrescente dal parcheggio multipiano, situato a nord-est, all’area verde verso sud-ovest. In questo modo si ha come obiettivo di creare una connessione fra due tessuti nettamente separati e differenti fra di loro.

tavola 5 (FILEminimizer)

Il progetto prende quindi spunto dal flusso dinamico dell’area, che tende ad accentrarsi verso la stazione della metropolitana, con l’obiettivo di riprodurre questo movimento per il tramite del nuovo edificato. Il flusso dinamico, che caratterizza la periferia sud-est di Milano, lo si può graficizzare attraverso linee ondulate che si concentrano in un nucleo (vedi Tavola numero 5).

Le due idee di progetto rappresentano una rivisitazione di questo segno grafico: la prima segue linee spezzate che si incontrano in un nucleo aperto e squadrato, la seconda, invece segue linee curve che si avvolgono su se stesse formando il nucleo. In questo modo da un concept iniziale che risolve tutte le “osservazioni” fatte durante l’analisi, si è arrivati a definire due idee di progetto differenti, ma simili (si segnala la necessità puramente didattica per la quale, pur avendo lavorato in gruppo, si sono presentati due diversi progetti sulla medesima area di studio, ciascuno con la propria identità, pur se frutto di un’analisi comune).

La prima idea di flusso – corrispondente al progetto della dottoressa Di Pardo – viene sintetizzata in un nucleo squadrato, disposto a corte, sormontato dalle teste dei tre bracci che piegandosi arrivano a incastrarsi su di esso. Le aule di culto sono in testa ai bracci e fanno da quinta alla corte che sia apre all’interno del nucleo, un cuore verde pulsante sul quale si affacciano le funzioni dedicate al privato. La posizione sopraelevata rimanda alla simbologia religiosa dell’Altrove, ispirandosi al quale -innalzandosi- il complesso edilizio tende alla dimensione dell’altezza. Dalla parte opposta, invece, si apre lo spazio pubblico, dedicato ai servizi di quartiere e accessibile da via Marignano. Questa separazione viene sottolineata anche dalla scelta dei materiali degli involucri: la pietra che caratterizza il nucleo, si smaterializza arrivando ai bracci, mentre le tre aule di culto si stagliano in alto, formando degli oggetti preziosi rivestiti da un involucro metallico color oro che presenta trame differenti.

Nella seconda idea – corrispondente al progetto della dottoressa Di Paolo – i bracci, seguendo un andamento sinuoso e organico, vanno a incontrarsi e ad avvolgersi intorno a un vortice, centro del progetto, che rappresenta il punto di incontro e di dialogo fra le religioni monoteistiche. La separazione dei flussi all’interno del progetto avviene mediante un passaggio graduale dal “pubblico” al “privato” che culmina con le tre aule di culto. Queste, abbracciate dall’acqua, simbolo della vita e della rinascita, si aprono verso l’area verde limitrofa. La scelta del materiale è intrinsecamente legata a questo rapporto interno-esterno e non poteva che ricadere sull’utilizzo della pietra; la distinzione tra luoghi prettamente religiosi e luoghi culturali, infatti, è ottenuta proprio attraverso l’uso dei materiali diversi oltre che dalle diverse volumetrie. Ulteriore scelta progettuale, al fine di ottenere l’immagine di una progressiva smaterializzazione dei prospetti, è stata quella di passare gradualmente da un rivestimento lapideo, che caratterizza i volumi opachi dei luoghi di preghiera, introversi e pertanto caratterizzati dalla luce naturale, a volumi più trasparenti ed aperti verso l’esterno, a caratterizzare gli spazi comuni di studio e di dialogo.

  1. Le tre aule di culto

In entrambi i progetti, nelle intenzioni delle progettiste, il centro culturale è aperto ai religiosi, agli studiosi, agli studenti di teologia ed a tutti coloro che credono e praticano il dialogo interreligioso; diversamente dai luoghi di studio e di scambio, aperti anche alla cittadinanza (biblioteca ed auditorium, nonché eventuali mercati peraltro previsti dai progetti), le tre aule liturgiche, invece, sono luoghi di preghiera semplici ed essenziali riservati per lo più ai religiosi, la qual cosa ovviamente non esclude l’accesso dei fedeli delle tre confessioni. Proprio perché tali luoghi sono intesi nel contesto di un “centro culturale” anzichè essere progettati come singoli luoghi di culto, non troviamo elementi caratterizzanti quali il minareto, campanili o torri, ed a rimarcare l’idea che la chiesa cattolica non è un centro parrocchiale, non sono previsti il fonte battesimale e la penitenzieria.

Ogni aula di culto è stata ridotta ai suoi elementi essenziali. Il nucleo fondante questa ricerca -infatti- risiede proprio nella definizione di spazi “archetipici” e degli elementi simbolici che li caratterizzano, con la volontà precisa di sostituire alle simbologie consuete, simbologie di tipo architettonico, con il chiaro convincimento che i “libri di pietra” abbiano essi stessi delle simbologie di immediata comprensione, che non necessitano di ulteriori approfondimenti.

Di seguito si segnalano le caratteristiche delle singole aule di culto.

5.1      Aula di culto Ebraica

Tre gli elementi fondamentali la cui presenza risulta indispensabile:

–        l’Armadio Sacro (aron ha-qodesh): l’unico oggetto sacro, posto sulla parete rivolta verso Gerusalemme. Al suo interno è contenuta la Torah;

–        i Rotoli della Legge (Torah): rotolo manoscritto del Pentateuco;

–        la Bimah: pedana sulla quale avviene la lettura della Torah.

5.2      Aula di culto Cristiana Cattolica

Qui i luoghi essenziali sono:

–        l’altare, punto focale di tutto l’edificio e luogo della liturgia eucaristica, che dopo il CV II, viene staccato dal muro al fine di consentire la circum-ambulazione dei celebranti ed eventualmente una disposizione dei fedeli del tipo a circumstantes;

–        l’ambone: luogo della liturgia della parola, dal quale vengono proclamate le Letture.

5.3      Aula di culto Islamica

Gli elementi essenziali che permettono al fedele di compiere le prosternazioni sono, oltre al limite dell’area sacra:

–        il Mihrab: abside o nicchia che, nelle moschee più umili, può essere semplicemente disegnata su una parete o indicata da qualche oggetto nella preghiera all’aperto, che indica la direzione della Mecca e della Ka’ba, considerata il primo santuario musulmano dedicato al culto di Allah;

–        il Minbar: un pulpito, dall’alto del quale l’Imam pronuncia la khutba;

–        il Matroneo: riservato alle donne, generalmente in posizione elevata, dotato di grate decorate per impedire la vista dalla sala centrale, parte riservata solo agli uomini;

ed all’esterno, secondo le ritualità di purificazione ad essa connesse, una fontana, nelle immediate adiacenze della moschea.

Conclusioni

Con questi progetti, evidentemente, non si vuole dare una soluzione definitiva al tema di ricerca. Affinché si giunga ad una corretta definizione degli spazi per il dialogo fra le religioni è necessaria innanzitutto una profonda conoscenza delle abitudini -si sarebbe detto una volta degli usi e costumi- e delle usanze degli appartenenti alle diverse confessioni e di come queste possano interagire tra di loro. L’architettura ha soltanto il compito di mediare tra le diverse esigenze delle comunità, creando uno spazio che sappia accogliere al proprio interno i diversi luoghi dedicati al culto individuale, collettivo ed agli ambienti pubblici, secondo il programma dianzi esplicitato.

I due progetti che qui si presentano, in conclusione, hanno il comune intento di creare un ponte tra la società e la religione, favorendo il dialogo fra i differenti culti e dando l’opportunità a chiunque di conoscere ciò che è “diverso”, con l’intima convinzione che solo la conoscenza possa consentire il superamento della paura dell’ignoto.

Lucilla Di Paolo

Martina Di Pardo

[1]   Canta Carmelina Chiara, La “pratica” del dialogo in Italia, in: AA. VV.: Religioni, dialogo, integrazione, pubblicazione a cura del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione Centrale degli Affari dei Culti, Ministero dell’Interno.

 

TAVOLA 7 (FILEminimizer)

TAVOLA 8 (FILEminimizer)

Come si nota nella pianta, in questo progetto le aule per il culto sono ubicate verso l’esterno, mentre gli spazi comuni (mensa, auditorium) sono interni.

TAVOLA 9B (FILEminimizer)

TAVOLA 10 (FILEminimizer)

 

TAVOLA 11A (FILEminimizer)

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