di Olimpia Niglio

È un “triangolo magico” quello in cui si trova l’ex monastero di S. Benedetto e S. Scolastica in Lucca, molto prossimo ai canali d’acqua che attraversano il versante orientale della città storica e che una volta alimentavano anche i mulini nonchè all’ex convento di San Francesco. Questo triangolo si colloca tra il perimetro delle mura medievali, poi trasformate in abitazioni e l’anfiteatro romano del II secolo d.C. che l’architetto Lorenzo Nottolini nel 1830 restaurò sotto l’egida di Carlo Lodovico di Borbone così come lo osserviamo oggi.

Lucca. L’ex convento di S. Benedetto e S. Scolastica nel triangolo tra via della Zecca e via dei Fossi.

La città di Lucca con l’espansione medievale divenne sede di importanti ordini religiosi, soprattutto mendicanti ma insieme ad essi anche i benedettini, tanto che la vita civile sempre aveva trovato importanti interconnessioni con quella religiosa. Sin dai primi anni del XIII secolo infatti molti ordini si insediarono all’interno delle mura urbane per svolgere attività di formazione, di assistenza ai bisognosi e di carità.

Tali ordini trovarono maggiori disponibilità occupando terreni appena fuori dalle mura medievali o insediandosi all’interno presso strutture preesistenti. Fu quest’ultimo il caso dei Servi di Maria, degli Agostiniani, dei Carmelitani, ma anche dei Benedettini.

Alla fine del XVIII secolo la città di Lucca all’interno delle mura rinascimentali contava circa trentadue conventi di cui quindici maschili e diciassette femminili e, fatta eccezione per quelli degli ordini mendicanti, erano composti anche da ricchi patrimoni immobiliari.

Quest’ingente eredità di interesse religioso fu particolarmente colpita dalle leggi di soppressione napoleoniche messe in atto a Lucca da Elisa Baciocchi nei primi anni del XIX secolo e i cui risultati comportarono la riduzione e l’accorpamento delle strutture religiose ma anche la loro definitiva abolizione, insieme alle strutture che in alcuni casi venivano convertite in nuovi usi, oppure addirittura demolite. I proventi di queste soppressioni venivano poi messe a disposizione per riorganizzare altre funzioni come quelle ospedaliere, scolastiche o strutture a supporto delle classi più abbienti.

Anche le monache benedettine rientrarono in questo vortice ma fu sotto il ducato di Maria Luisa di Borbone (1815-1824) e per interesse della stessa che fu loro garantita una sede idonea nel centro della città. Si trattava dei locali che avevano ospitato la Zecca cittadina, un edificio le cui prime notizie risalivano al XVI secolo ma numerose le trasformazioni realizzate fino ai nostri giorni. Così nel secondo ventennio del XIX secolo le Benedettine del Santissimo Sacramento si insediarono in via della Zecca in una struttura di limitata estensione esterna ma con un ampio giardino e anche un orto, sul versante nord dove attualmente è collocato un parcheggio privato.

Dopo 200 anni dai primi importanti ordinamenti voluti da Maria Luisa di Borbone nella città di Lucca il giardino dell’ex monastero delle benedettine ha riaperto i battenti con una straordinaria iniziativa artistica generosamente accolta dagli attuali proprietari dell’immobile Lauro Dini e Isabella Vendramini che hanno in programma di rigenerare l’intero complesso nel rispetto dello spirito benedettino e quindi della meditazione, formazione e accoglienza con la realizzazione anche di laboratori creativi.

L’opportunità di riaprire il giardino nel “triangolo magico” è stata realizzata dall’associazione Lab, Let Architecture Be, con la mostra IN+SEGRETO riunendo nove artisti che hanno offerto la propria opera nel realizzare una nuova esperienza percettiva all’interno di uno spazio segreto della città di Lucca. Così grazie alle proposte di Emiliana Martinelli, Mauro Lovi, Beatrice Speranza, Mirta Vignatti, Emy Petrini, Stefano Giovacchini e Silvia Magrini, Giulia Bertolucci e Rodolfo Collodi, l’architettura benedettina ha incontrato l’arte e riaperto le sue porte alla città mediante singolari esperienze artistiche che hanno caratterizzato l’antico giardino con il supporto anche di interessanti installazioni luminose.

Il progetto IN+SEGRETO – come afferma Francesca Adragna dell’associazione Lab – nasce con lo scopo di promuovere il ruolo culturale dell’architettura e dell’arte quale strumento di dialogo tra la comunità e la città e intende contribuire anche a consolidare il valore e il significato del linguaggio architettonico e artistico come espressioni creative del vivere bene e capaci di mettere in moto relazioni e interconnessioni che possano favorire la crescita e la qualità della vita.

L’evento IN+SEGRETO si inserisce così all’interno di un percorso di ricerca molto interessante coadiuvato anche dalla mappatura di luoghi della città storica di Lucca che per differenti motivazioni sono rimaste sconosciute, abbandonate, marginalizzate perdendo così le proprie connotazioni identitarie che è giusto far conoscere e valorizzare. In questo modo la città diviene luogo di conoscenza, di incontro, di dialogo e di progetti includenti con alte potenzialità interculturali dove la storia si proietta verso il futuro. Una nuova prospettiva della realtà che siamo invitati a percorrere, entrando nel giardino delle monache benedettine, prima attraverso la scansione di ritmi di luce, Pistilli, progettati da Emiliana Martinelli e poi il passaggio vero e proprio dalla città verso il giardino segreto con l’opera di Emy Petrini, Passaggi.

Emy Petrini. Passaggi, 2018

Dopo l’ingresso al giardino segreto del “triangolo magico” il visitatore è accolto dall’opera di Mauro Lovi, Coltivar Morandi (60 canne di bambù con 60 bottiglie di plastica colorate) in cui l’artista ha riflettuto sul significato di questo luogo aperto ma allo stesso tempo chiuso del monastero benedettino in cui le monache coltivavano non solo le piante ma principalmente la sensibilità e la tenacia per trovare la propria luce. Quella stessa che l’artista Giorgio Morandi ricercava nel dipingere le sue bottiglie, vuoti di vetro che negli orti della lucchesia venivano usati anche per proteggere dagli uccelli predatori i semi appena interrati.

Mauro Lovi. Coltivar Morandi, 2018

Il giardino segreto accoglie poi, in differenti punti, le opere degli artisti invitati. Emerge tra queste l’istallazione proposta da Giulia Bertolucci e Rocco Collodi dal titolo In-Consueto i cui gli artisti hanno giocato componendo materiale basico da costruzione con scarti post consumo, proponendo così una rigenerazione dell’uso di materiali e quindi una vita nuova a quanto generalmente siamo abituati ad abbandonare. Un buon augurio anche per nuovi e compatibili funzioni da dedicare all’ex monastero delle benedettine.

Giulia Bertolucci e Rocco Collodi. In-Consueto, 2018

Si continua poi con l’istallazione di Mirta Vignatti dal titolo Di silenzio e di inchiostro, ossia dieci stampe in bianco e nero che avvolgono gli antichi pilastrini del giardino che delimitavano il viale centrale. Queste stampe parlano dei silenzi e delle sinfonie delle parole che non sono mai state dette.

Mirta Vignatti, Di silenzio e di inchiostro, 2018.

Nei pressi di una nicchia lungo le mura del monastero l’istallazione proposta dall’associazione Lab e dal titolo Sedute e in piedi, un insieme di sedie appartenenti al monastero e su cui sono state riportate delle lettere. Si tratta di un cerchio in cui tutte le sedie sono arroccate su se stesse, sembrano stare insieme ma alla fine sono tutte isolate dal mondo esterno. Una sola si queste sedie si è liberata, mentre le altre attendono di esserlo.

Associazione Lab. Sedute e in piedi, 2018

Non lontana sul muro del monastero Silvia Magrini e Stefano Giovacchini hanno realizzato l’opera Il colore del tempo, una riflessione sul concetto stesso di “tempo grande scultore” che ha modificato il muro lasciando traccia su di questo del suo stesso trascorrere. Una finestra sul passato – come affermano gli artisti – che intende aprire alla realizzazione di nuove memorie.

Silvia Magrini e Stefano Giovacchini. Il colore del tempo, 2018

Si prosegue ancora con la straordinaria opera Rose e trame di Beatrice Speranza con intrecci di rami, petali e fiori affiancata poi da due lavori fotografici con bagnanti felici che osservati dall’alto, come in un acquario, sembrano tanti piccoli pesci e il cui vagare sembra avvicinarli ad un alone di mistero, quello stesso che ancora avvolge l’ex monastero benedettino.

Beatrice Speranza. Rose e trame, 2018.

Percorrendo il giardino si avvicina la sera e le luci delle istallazioni avvolgono di nuovo mistero questo “triangolo magico” del centro storico di Lucca e nel suo peregrinare il visitatore è accompagnato dall’istallazione luminosa Gamete, di Emiliana Martinelli. Linee per inviluppo che definiscono un cubo con al centro una grande sfera che racchiude in sé il segreto della vita passata, quello stesso che le monache benedettine hanno portato via con sé e che oggi non ci resta che rigenerare dando luogo a nuova vita.

Emiliana Martinelli. Gamete, 2018

Associazione Lab, Let Architecture Be Lucca   https://www.facebook.com/letarchitecturebe/

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