Recentemente è stata compiuta un’opera di ristrutturazione dello spazio liturgico nella chiesa della SS. Trinità di Parma. Il progetto è dell’architetto Paolo Bedogni, il committente e liturgista è Don Guido Pasini.

L’opera è assai significativa perché riconduce al discorso, già affrontato in queste pagine, sul ruolo delle sedute nell’ambito dell’aula liturgica. Queste erano disposte, come nella stragrande maggioranza delle chiese, “a batteria” lungo la navata centrale delle tre che compongono l’aula della chiesa, peraltro non di grandi dimensioni, risalente al Settecento.

Chiesa della Trinità. La disposizione delle panche prima della risistemazione.

Le panche disposte in due settori lasciavano un corridoio centrale che ovviamente accentuava la assialità dell’aula, che si concludeva nel tridentino altare addossato. Al quale era stato associato un più avanzato altare-mensa entro il presbiterio, a definire il quale fortunatamente erano state lasciate le balaustre.

L’intervento attuale invece ha definito lo spazio dell’onfalon: luogo libero centrale attorno al quale si organizza lo spazio liturgico. Il suo manifestarsi è dovuto al fatto che la sede e l’ambone sono stati posizionati tra le balaustre presbiterali e l’assemblea: il presidente guarda l’ambone frontalmente.

Chiesa della Trinità, l’onfalon.

Questo spazio libero  compie la “magia” di evidenziare il varco che apre la balaustra proprio davanti all’altare e in questo modo, anziché separarlo dai fedeli riuniti, paradossalmente lo avvicina a loro: come rendendolo attingibile in via diretta con lo sguardo, non più interrotto dalla presenza di altri elementi.

Chiesa della Trinità, il varco nella balaustra.

Le balaustre rimangono come un segno che evidenzia la nobiltà del luogo dell’altare, senza sottrarlo all’azione del popolo celebrante, e senza relegarlo al monopolio del presbitero presidente, che si trova non di fronte a, ma insieme con le persone. Come ha scritto don Guido Pasini, rievocando la prima celebrazione svolta nello spazio rinnovato: “Bacio l’altare, il saluto, una parola e la mia voce ritorna a me, alla sede, mi sento immerso nell’assemblea dei fratelli e sorelle, non era mai avvenuto. Sì, mi sento dentro, immerso nell’assemblea!“.

Chiesa della Trinità, le sedute disposte secondo archi concentrici.

Tale onfalon è divenuto pertanto l’elemento generatore dello spazio rinnovato e questo fatto è stato elaborato sul piano del disegno architettonico tracciando una serie di cerchi concentrici lungo il perimetro dei quali sono state disposte non più file di panche, bensì sedie che rendono alla dignità sua propria il singolo fedele: questi pertanto viene inteso non più come “massa”, ma come persona, con un suo posto singolare. L’andamento a sezione di cerchio delle sedute così disposte si dilata negli spazio delle navate laterali rendendo unico tutto lo spazio della chiesa, e le sedie poggiano tutte su una pedana in legno , leggermente sopraelevata rispetto al piano dell’aula. Tale pedana lignea poggia su un foglio di materiale che la isola dall’umidità del suolo (peraltro allontanata con un sistema elettromagnetico) e garantisce pure che chi vi cammina sopra non produce rumore.

L’acustica dell’ambiente ovviamente viene migliorata vuoi dalla geometria della disposizione delle sedute, vuoi dalle ampie superfici lignee.

Chiesa della Trinità, il rapporto tra presbiterio, altare, spazio assembleare.

I poli liturgici sono stati disegnati ex novo. L’altare si presenta con massicci appoggi verticali e con un piano in marmo bianco di Gerusalemme. Sede e ambone hanno basamento in rovere chiaro, come la pedana lignea che si protende fin sotto l’altare, in tal modo generando una continuità ininterrotta tra assemblea e i poli liturgici. Le altre cromie presenti negli elementi liturgici, riecheggiano quelle che campeggiano negli elementi e negli arredi preesistenti: in questo modo si stabilisce un raccordo diretto, pur nella contemporaneità del disegno, anche con quel che definiva la configurazione spaziale precedente a quella attuale.

La sede.

A entrare nell’aula dalla porta principale, ci si torva di fronte all’immagine di una navata centrale la cui lunghezza presto si allarga per estendersi a ondate successive verso le navate laterali, in un moto in cui si sommano la dinamicità rettilinea precedente e la circolarità oggi definita ex novo attorno all’onfalon.

La pianta della ristrutturazione dello spazio liturgico.

Nel complesso, in questo modo il nuovo spazio liturgico si pone un poco come Rudolf Schwarz aveva immaginato nel suo “Costruire la Chiesa”, quel che chiamò “Il Duomo di Tutti i Tempi”: la settima forma di disposizione della chiesa, che in sé riassume le altre sei in precedenza studiate in quell’opera: la pianta basilicale, i diversi tipi di pianta centrale, ecc.Nel “Duomo di Tutti i Tempi” la proiezione in avanti non si slancia quasi a voler superare i paramenti murari, ma si protende in avanti per raccogliersi nel centro e lì trovare un vuoto. Il vuoto che parla dello spazio “altro” come qualcosa di presente qui e ora, nel luogo definito da questi pochi segni, nel tempo in cui questi si animano della vita liturgica.

Chiesa della Trinità, vista dal presbiteri verso l’assemblea.

Le sedute sono ovviamente amovibili. Un ingegnoso sistema di collegamento tra loro garantisce che il riposizionamento delle singole sedie sia sempre necessariamente corretto: si tratta tavole lignee con supporti metallici che si agganciano ai travetti delle sedie. La loro conformazione è tale da garantire la corretta angolatura di ciascuna sedie rispetto alle due laterali. Una fessura permette di tenere a disposizione di tutti i fedeli i fogli con le letture o i libri dei canti.

I distanziatori, comunque mobili, tra le sedie, ne garantiscono sempre la corretta disposizione.

Un dettaglio, ma la chiesa è fatta anche di tanti dettagli. Il loro armonico assieme permette che il tutto funzioni bene.

Chiesa della Trinità, vista dell’aula rinnovata. Progetto Paolo Bedogni.

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