Un organo concepito come una nuvola delicatamente posata nello spazio della chiesa: in mezzo al coro, nel transetto destro. Non lontano sui matronei, come spesso è il caso degli organi storici, ma vicino, ben visbile, tangibile: tale che, come spiega il suo progettista, architetto Giancarlo Marzorati, l’organista si trova a essere all’interno dello spazio dedicato al coro, in relazione diretta coi cantori che vede faccia a faccia e verso i quali può esercitare anche un ruolo di direzione.

È il tocco conclusivo di un lungo processo di ristrutturazione dell’edificio, del quale si è occupato da tempo Marzorati, trasformando la chiesa (che fu eretta nel 1934 con le linee tradizionali neoromaniche vigenti all’epoca) in un luogo di aulico splendore.



Per rispondere alle necessità di risparmio energetico e di miglioramento acustico infatti, già anni addietro, su incarico del parroco di allora, Felice Radice, l’architetto ha elaborato le nuove volte a botte nella navata e nel transetto: queste, ritmate da costoloni lignei in evidenza, hanno conferito nuova luminosità alla chiesa pur riducendo il volume interno (e con esso i costi dei consumi energetici).

Lo spazio absidale inoltre è stato ridefinito con l’aggiunta di un’icona del Crocifisso collocata in alto sopra l’altare.
Nel complesso l’ambiente è divenuto amico del canto, adatto alla musica e nello studio di questa ristrutturazione Marzorati si è avvalso della sua sapienza in fatto di spazi di valore acustico che già aveva trovato altissime espressioni nell’Auditorium “G. Verdi” di Piazza Mahler a Milano oltre che nel teatro auditorium “Manzoni” di Bologna.
Il nuovo organo di Monza, completato all’inizio del dicembre 2018, corona il sogno del vecchio parroco, recentemente mancato, di fare della chiesa del Sacro Cuore un luogo pieno di musicalità. Col suo disegno arrotondato nella parte bassa e le scenografiche canne slanciate verso l’alto può ricordare anche il profilo di una barca a vela: immagine questa che ricorre nell’iconografia paleocristiana quale rappresentazione della Chiesa stessa, che accoglie e trasporta i fedeli verso la salvezza. Ma può rievocare anche la figura del cuore che pulsa e permette alla vita di fluire: e in questo ricollegarsi alla intitolazione della parrocchia.

Si tratta di un’opera di valore scultoreo, una presenza ben visibile e assai significativa pur anche nel silenzio: i suoi profili, avvolgenti e slanciati allo stesso tempo, zampillanti di riflessi luminosi, riprendono la vitalità tipica del barocco, mentre le fasce che ne ritmano il volume ligneo riconducono all’alternaza cromatica visibile nelle centinature delle volte, in tal modo rendendo la complessità armonica della chiesa all’unitarietà che le è propria, pur nell’accostamento di differenti modalità espressive.

L’imponente strumento è stato eseguito dall’organaro Silvio Zambetti con artigianale passione e il suo “scafo” è interamente in legno massello: rovere e acero bianco della Slavonia, abete della Val di Fiemme con placcature in osso. Le canne sono in totale 2.035 e raggiungono l’altezza di 12 metri.
Lo presentiamo con uno scritto del progettista, Giancarlo Marzorati.
L’ORGANO NELLA CHIESA DEL SACRO CUORE MONZA
La ristrutturazione interna della chiesa del Sacro Cuore ha disegnato un ambiente in cui si evidenziano le nuove volte a botte e le centinature in legno, a cui si ispira il “calice” che conforma l’organo, e che scandiscono lo spazio focalizzato nella zona absidale ove “canta” la figura dell’icona, coi suoi colori e il suo afflato mistico.

La configurazione della volta per sua natura porta il suono prodotto dalle canne dell’organo attraverso tutto lo spazio della navata, e i rivestimenti lignei lo fanno vibrare con il tipico effetto dell’ambiente chiesastico, così adatto per le musiche dai ritmi lenti, solenni, aulici.
La piattaforma su cui si pone lo strumento è una struttura in acciaio: è quindi dotata di un certo grado di elasticità. Questo di per sé non diviene elemento produttore di suono, ma non fermerà le voci delle 2000 canne: al contrario le accompagnerà.
Soprattutto quando queste vibreranno a certe frequenze, quelle più basse e profonde: non come riverbero, ma come partecipi, trepidanti di commozione per la bellezza della musica.
E la chiesa nel suo complesso, tra pedana, navata e volte lignee, si presenta come l’interno di un enorme cassa acustica in cui l’organo è la sorgente sonora.

I 34 registri sono adattati alle modalità espressive più consone a questo ambiente: è noto infatti che alle aule delle chiese romaniche sono più consoni i ritmi lenti del canto gregoriano, dove le note si sommano nei riverberi che aggiungono profondità alle melodie e le arricchiscono di vibrazioni, mentre nelle chiese cinque-seicentesche, brillanti di ornamenti, l’agilità della musica barocca trova una sua ambientazione ideale, perché le superfici mosse dai tanti decori a sbalzo e intagliati rompono le onde sonore e disperdono i riverberi, permettendo di apprezzare le grazie degli abbellimenti.
Ma quel che è certo è che l’insieme così costituito si pone come un grande strumento complesso, capace di invitare i presenti ad unirsi al canto, sollecitando quella partecipazione attiva richiesta dalla celebrazione liturgica.
Giancarlo Marzorati


