Capitolo 12 Sovicille e le sue pievi

È nelle pievi senesi che si costruì l’Umanesimo rinascimentale.

Proseguendo sull’opportuno dibattito in merito all’alienazione dei beni ecclesiastici e del loro troppo spesso inadeguato riuso, nonché a chiusura del mio impegno mensile con questa rivista durante il quale ho cercato, soprattutto attraverso esperienze personali e dirette, di tracciare il lavoro dell’architetto all’interno degli ambiti della religione e del culto, riporto di seguito un recente caso, del quale ci stiamo ancora occupando e che riguarda quella che si dice essere la più antica pieve nelle terre di Siena.

Pieve di Ponte allo Spino.

Da più di venti anni percorro settimanalmente le valli toscane tra Siena e Grosseto, tuttavia, devo confessare, ero all’oscuro dell’incredibile concentrazione di chiese e di pievi nel comune di Sovicille. Diciassette sono quelle ancora in piedi, tutte concentrate su un territorio di poco più di 140 chilometri quadrati.

La canonica di San Michele Arcangelo di Trecciano, la chiesa di San Bartolomeo di Orgia, la chiesa di San Magno a Simignano, la chiesa di San Quirico di Tonni, la chiesa di San Salvatore di San Rocco a Pilli, la chiesa di Santa Maria de La Cetina, la chiesa di Santa Maria di Radi, la chiesa di Sant’Andrea di Ampugnano, il Monastero della Santissima Trinità e Santa Mustiola a Torri, la pieve dei Santissimi Giusto e Clemente a Balli, la chiesa di San Bartolomeo di San Rocco a Pilli, la pieve di San Giovanni Battista di Molli, la pieve di San Giovanni Battista di Pernina, la pieve di San Giovanni Battista di Rosia, la chiesa di San Michele Arcangelo a Brenna, la pieve di San Giovanni Battista a Recenza e la pieve di San Giovanni Battista di Ponte allo Spino testimoniano quello che costituiva tra il IX e il XII secolo un vero e proprio sistema politico e sociale nato dal basso, in grado di contrastare il potere feudale e financo imperiale, rendendo partecipe il popolo delle trasformazioni sociali in atto, delle nuove concezioni artistiche che stavano maturando in Europa e che avrebbero costituito la premessa culturale all’Umanesimo rinascimentale.

Sovicille, pieve di Ponte allo Spino.

L’etimo di pieve è lo stesso di plebe, la categoria sociale che gli antichi romani usavano per designare quella opposta al patriziato e che oggi chiameremmo popolo. «Nelle pievi trova posto il rozzo vigore dei contadini con il loro linguaggio architettonico figurativo volgare» (Moretti I., Italia Romanica, Jaca Book, 1982).

Territorio, invece, non proviene da “terreno” bensì da “terrore”. Era mediante il terrore che i ricchi signori del feudalesimo amministravano le proprie terre. Le città nascono proprio per sfuggire a quel terrore, come patto sociale tra persone diverse che si mettono assieme, abitano assieme, lavorano assieme per sfuggire a quello strapotere agrario basato sul terrore.

Sovicille, pieve di Ponte allo Spino.

Le prime pievi sono collocate all’interno della città, ma ben presto la loro forma sociale viene riconosciuta ed è in grado di contrastare il potere feudale anche all’esterno delle mura cittadine, al punto da acquisire una certa autonomia anche rispetto al clero centrale che solo nel XV secolo col Concilio di Trento riuscirà a istituzionalizzarle trasformandole in parrocchie.

Sovicille, pieve di Ponte allo Spino, la navata.

Le pievi durante il Medioevo, particolarmente diffuse nel territorio poi definitosi Toscana, erano il luogo della comunità rurale con la sua chiesa. «Ma leggere un’architettura del passato, come una pieve romanica, significa anche avere la consapevolezza di intraprendere un viaggio sensoriale e intimo, alla scoperta della grande domanda sul senso della vita» esordisce l’architetto Mario Tassoni nel suo libro Architetture dell’anima nelle terre di Siena (Betti Editrice, 2018). Ed è proprio questo che ci affascina quando ci occupiamo di questi luoghi, colpiti dalla grande armonia della fabbrica nel contesto, ottenuta scientemente attraverso l’applicazione delle divine proporzioni, una continua verifica dei rapporti aurei e la precisione degli orientamenti astronomici. Pietra, tufo, laterizio e travertino sono i materiali ricorrenti usati con maestria, ognuno per le sue specifiche caratteristiche costruttive.

In una sala concerti che ho progettato per una fondazione a metà strada tra Siena e Grosseto sulle pendici del monte Amiata, ho ottenuto l’amplificazione naturale della voce e del suono progettando e facendo costruire ogni forma proprio attraverso le divine proporzioni e i rapporti aurei. Il risultato è stato avvincente soprattutto per gli ingegneri acustici che si sono arresi all’idea che l’ordine e l’equilibrio della forma e dei materiali sono l’unica vera garanzia all’armonia della musica e dello spirito.

Foum Bertarelli.
Forum Bertarelli, pianta, rapporti aurei.
Forum Bertarelli, sezione aurea.
Forum Bertarelli, il panorama collinare.

Le ragioni di questo addensamento di pievi nella piana di Sovicille, appena sotto la Montagnola Senese, non sono così semplici da comprendere. Non basta la fertilissima pianura già abitata in epoca protostorica e poi via via sempre più fiorente sotto etruschi e romani o la leggenda della contessa Matilde (di Canossa o di Sassonia?) che ricevette la promessa papale di poter officiare la messa solo dopo aver fatto erigere 100 chiese (malauguratamente arrivò solo a 99) (Tassoni M., Architetture dell’Anima), fatto è che la presenza di pievi o piviere medievali in questo territorio è davvero singolare e affascinante.

Ora la pieve della quale dobbiamo occuparci è dei Santissimi Giusto e Clemente a Balli. È costituita dalla chiesa, dalla canonica e da un piccolo cimitero. È collocata lungo la via Francigena che da Canterbury porta in Terra Santa passando da Roma.

Pieve dei SS. Giusto e Clemente.

Il nostro progetto è solo all’inizio e verrà preceduto da un’attenta analisi stratigrafica, materica e storica che certamente giustificherà le piccole, ma necessarie scelte tipologiche e morfologiche che la renderanno di nuovo abitabile, tuttavia il riuso della chiesa è tutto da definire. L’intenzione è quella di restituire l’architettura alla sua originaria funzione di luogo civile, oltre che religioso. Un luogo ospitale per il pellegrino di passaggio e di incontro per la collettività.

Il lavoro dell’architetto, anche se commissionato dal privato ha sempre qualcosa a che fare con la comunità: si occupa dell’abitare, un bisogno primario e collettivo che pertanto implica riflessioni politiche (da polis). L’architettura è da sempre inscindibile dai valori sociali ed economici degli individui che la praticano e della società che la promuove. Creare posti migliori e più belli in cui vivere in una società migliore è questione politica. Affrontare e combattere i mutamenti climatici, che causano disgregazione sociale, affrontare il tema della voracità energetica, che causa disuguaglianze, alleviare i torti della società contemporanea che tende a privatizzare gli spazi collettivi, è compito dell’architettura che quindi diventa politica. Ed è esattamente questo che è avvenuto mille anni fa nelle pievi senesi.

Il progetto dell’architetto è un cercare nella storia per guardare avanti in modo visionario, allo scopo di modificare in meglio comportamenti e stili di vita, affrontando le sfide più importanti che il nostro pianeta si trova a fronteggiare. L’università dovrebbe insistere su concetti quali polis, civitas, urbs che sono i fondamenti del fare architettura: e lo sono tanto più oggi, là dove i già fragili rapporti relazionali tra i cittadini sono minacciati dai cambiamenti climatici.

L’architettura non si costruisce attraverso epifanie, rivelazioni, ispirazioni, ma attraverso una sensibilità nel riconoscere le problematiche reali e i desideri della gente.

Pieve dei SS. Giusto e Clemente, l’abside.

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