Durante la visita di papa Francesco al Tempio Maggiore di Roma, avvenuta il 17 gennaio 2016, la Comunità ebraica gli ha donato un calice (“gavia” in ebraico). Un segno di amicizia e di condivisione, realizzato apposta per l’evento su disegno di David Palterer
Le declinazioni culturali e le metafore immaginarie del calice sono espressione delle reminescenze stratificate dall’antichità che, evolvendo attraverso contaminazioni di civiltà e fedi diverse, hanno concorso alla persistente fortuna di questo oggetto ancora nei giorni nostri. In un articolato percorso temporale e fisico si è forgiata la cultura del calice, assumendo un ruolo fortemente emblematico dove l’innata esigenza dell’uomo di esprimersi, attraverso le ritualità, emerge come comune denominatore. Il calice è al centro di molteplici celebrazioni che travalicano anche quelle radicate e perpetuate dalla religiosità.
Il progetto del gavia (calice in ebraico) scaturisce dalla consapevolezza di una realtà consolidata d’immaginari e delle varianti tipologiche dei calici – diverse delle quali sono divenute icone – e, proprio per questo, è stato sviluppato nella ricerca di un’espressione formale e retorica originale, attenta a non trascurare la dimensione psicologica, la necessità dell’uomo di relazionarsi con gli oggetti ben oltre il senso della loro utilità.
Loccasione del progetto è stata la visita di Papa Francesco alla Comunità Ebraica di Roma, al Tempio Maggiore, luogo di culto e di riferimento identitario della stessa collettività.
La visita è avvenuta a distanza di sei anni dalla precedente del Papa Benedetto XVI e ha accostato, anche questa volta, i significati universali e locali che uniscono la Santa Sede e gli Ebrei di Roma, con alterne vicissitudini, da più duemila anni. L’omaggio che la Comunità ha desiderato fare al Pontefice, in ricordo dell’evento, non poteva essere che un’espressione che interpretasse quei significati.
L’immaginario del nuovo calice rivela reminescenze del mondo alchemico: esso è connotato da un fusto allungato che viene rastremato verso il basso: ne consegue la percezione di metafisica instabilità. La stabilità viene poi riguadagnata, di fatto, mediante un contrappeso in piombo, introdotto all’interno dello stelo e celato alla vista. Il piombo rievoca il Moed (festività in ebraico), detta di Piombo, una ricorrenza esclusiva della comunità ebraica romana che cade il due del mese ebraico di Shevat, a cavallo tra gennaio e febbraio nel calendario gregoriano. È un anniversario che mantiene viva la memoria di eventi risalenti al 1793, quando, miracolosamente, il cielo sereno divenne improvvisamente plumbeo, scaricando un eccezionale quanto inatteso nubifragio, che disperse una folla di malintenzionati che attentava agli abitanti del Ghetto.
Il Gavia voluto dalla Comunità Ebraica di Roma come ricordo della visita del papa Francesco avvenuta il 7 Shevat 5776 – 17 gennaio 2016, è stato ideato e disegnato dall’architetto e designer David Palterer, e realizzato da Pampaloni argentieri a Firenze.