Di Stefano Mavilio

Coordinatore didattico e scientifico del Master in Progettazione degli edifici per il culto presso la Facoltà di Architettura, La Sapienza Roma

L’area prescelta per l’esercitazione di tesi della IV edizione del Master in progettazione degli edifici per il culto (anno 2017-18) è stata quella di San Giovanni Galermo e Trappeto nord, alla periferia ovest di Catania. Per tale zona, nell’ambito del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane”, è stato stanziato un cospicuo finanziamento ex Art. 3, PDCM del 25 maggio 2016 per realizzare alcune opere di quartiere fra le quali il complesso parrocchiale di S. Stefano Primo Martire e una serie di “polarità multifunzionali di quartiere”.

Oggetto di una intensa attività edilizia, specialmente in seguito al PRG del ’52 e al successivo piano di fabbricazione del ’61, a opera di Piccinato che qui prevedeva il passaggio di un asse attrezzato poi eliminato dal PRG del 2012, era zona a prevalente attività agricola, in prossimità di un piccolo borgo “extra-moenia” di cui si registra la presenza già prima del terremoto del 1693

Il quartiere urbano.

L’area di Trappeto fu quindi partecipe dell’individuazione di un perimetro di area 167, che creò le premesse per la sua attuale facies urbanistica, con edifici sagomati in cerchio e altezza fino ad otto piani, e gravita intorno al sedime per la realizzazione della nuova chiesa (realizzata recentemente a opera dell’ing. Maurizio Erbicella), costituendone limite invalicabile e premessa imprescindibile, per qualunque intervento si voglia qui anche soltanto immaginare

Vista aerea dell’area.

Di concerto con l’Ufficio BB CC e Edilizia di Culto, si è voluto predisporre un programma di tesi che affrontasse il tema delle nuove emergenze sociali (nel senso proprio dell’emergere, in quanto apparire), fra le quali — oltre alla carenza di spazi per il culto — si registra il fenomeno della nuova immigrazione dal nord Africa e la conseguente compresenza delle tre religioni della cosiddetta Comunità del Libro (in arabo Ahl al- kitāb): i Cristiani (Cattolici e Ortodossi), i Musulmani e — seppure in quantità minore — gli Ebrei.

Si è voluto qui creare, nelle intenzioni dei docenti che hanno seguito i lavori di tesi, fra i quali la Direttrice del Master, professoressa Guendalina Salimei, un “Centro di preghiera” per le tre religioni monoteistiche, che comprendesse, oltre alle tre differenti aule liturgiche, anche i servizi di quartiere.

Si è pensato a un insediamento modesto e ripetibile nel quale si possano condividere alcuni spazi: incontro, cultura, carità, tempo libero e sport. Il tutto da configurarsi come un unico complesso edilizio, all’interno del quale convivere. Per gli estensori delle tesi si tratterà di capire come sottolineare le distinzioni che delineano le diverse identità religiose e culturali. Questo il compito assegnato.

Esperimento unico, direi, nell’ambito universitario e — nello specifico — di una tipologia — quella dei centri inter-religiosi — dei quali molto si parla, nulla si realizza ma che nondimeno configurano a mio avviso, nella prospettiva odierna, il futuro dei “complessi” di culto degli anni a venire e per i quali molto si sta facendo presso la Facoltà di Architettura di Roma, con la collaborazione generosa di alcuni centri di eccellenza quali il DIST di Torino, città presso la quale giace in attesa di “permessi” il primo progetto per uno di tali centri: la Casa delle Religioni, edificio multifede per il capoluogo piemontese, a firma del collega Matteo Robiglio in collaborazione con il Comitato Interfedi della Città di Torino, e la Facoltà di Lettere e Filosofia presso la Sapienza di Roma, nella persona di Maria Chiara Giorda, docente di Scienze storico religiose. Il lavoro è stato inoltre realizzato con gli auspici della COREIS, Comunità religiosa Islamica in Italia, e dei già menzionati Uffici CEI, sotto la direzione attenta di don Valerio Pennasso.

A seguire si presentano le soluzioni offerte dai giovani colleghi diplomati nelle loro diverse visioni di un siffatto luogo, ognuno portatore della sua identità progettuale. Di ciascun progetto si segnalano — oltre alle planimetrie, per un inquadramento complessivo dei progetti — i dettagli che li caratterizzano. Le piante delle aule certamente, ma anche le sistemazioni urbanistiche, sulle quali si è concentrata l’attenzione dei partecipanti al Master nello sforzo di far fronte all’ingombrante presenza dell’edilizia circostante, assai modesta e della piazza antistante che ospita attualmente il monumento a Giuseppe Montana, collaboratore del pool antimafia di Falcone e Borsellino, ucciso a soli 35 anni, distintosi nella sezione ‘Catturandi‘, la squadra che lavorava per arrestare i mafiosi ancora latitanti.

Ciascun progetto è corredato con un breve testo a cura dei singoli progettisti, dal quale emergono le intenzioni che eventualmente fossero rimaste inesplorate.

All’inizio del nuovo anno accademico, il quinto della seconda serie di un Master che vanta — unico in Italia — attività ventennale, i progetti dell’anno trascorso siano di auspicio ai nuovi studenti.

GLI ELABORATI DEL IV MASTER:

Ilaria Brunozzi

Relazione di progetto

Pianta funzionale +Sezione

Il centro cultuale inter-religioso nasce in stretta relazione con la morfologia dell’area di progetto. La presenza di due edifici residenziali che “chiudono” l’area, seguendo un profilo in guisa di semicerchio a formare una “quinta” edilizia, suggerisce l’idea di ribassare l’area destinata agli edifici di culto per generare una piazza intima e raccolta, che accolga esclusivamente le aule liturgiche ed i relativi servizi di pertinenza.

Vista assonometrica

La piazza è collegata alla città tramite un sistema di rampe e gradoni che la “avvolgono”, andando a costituire una sorta di càvea. Relativamente agli edifici l’idea è quella della scatola nella scatola: tre singoli edifici, basati su una semplice geometria, sono avvolti da un volume leggero e traforato che gli costruisce intorno uno spazio coperto, nel quale la presenza dell’acqua e del verde definiscono un luogo di meditazione e raccoglimento.

Vista esterna.

I tre edifici religiosi formalmente identici, sono riconoscibili solo tramite il rivestimento: si è scelto deliberatamente di non apporre simboli religiosi o elementi caratteristici all’esterno, perché siano invece identificabili solo una volta entrati nel volume a servizio delle tre aule, più basso, che costituisce lo spazio comune, e che ospita i servizi accessori quali sagrestia, uffici, luogo delle abluzioni rituali e servizi igienici. I tre volumi perciò non presentano un accesso diretto dalla piazza ma l’accesso è interno all’edificio comune, per rispondere alle diverse esigenze di orientamento.

La chiesa.

Le aule di culto, invece, differiscono soprattutto per effetto della luce naturale: la Moschea è illuminata dal basso e presenta un taglio di luce per tutta l’altezza della parete orientata che ospita il Mihrab; nella Sinagoga la luce proviene tutta dall’alto ad eccezione di un taglio verticale sulla parete in corrispondenza dell’Arca Santa; la Chiesa, con la sua parete a piccoli fori, risulta illuminata in modo uniforme, con accentuazione della luce in corrispondenza dell’altare e del fonte battesimale.

La moschea.

Gli edifici con funzione pubblica (il centro culturale, la biblioteca, le sale polivalenti per lo studio, l’accoglienza e la carità) e le case canoniche, sono collocati alla quota della preesistenza, quasi a costituire il margine di chiusura di tutto il sistema cultuale. Al fine di una migliore efficienza energetica, gli edifici sono caratterizzati da coperture “verdi”.

 

Marta La Pica

Relazione di progetto

Il progetto si sviluppa mettendo a sistema spazio religioso, spazio culturale e spazio pubblico. 

Planimetria

Partendo dalla quota della strada, volumi e terrazzamenti permettono di scendere gradualmente ad una quota inferiore intesa come “cuore” del progetto. In questo contesto, i volumi sacri ricoprono il duplice ruolo di quinta architettonica e punto di connessione tra la dimensione secolarizzata e la dimensione del sacro. Il volume dedicato al culto cattolico (in posizione centrale fra le tre aule liturgiche) risulta direttamente connesso alla piazza centrale mentre i volumi dedicati al culto islamico e ebraico (in posizione laterale) risultano leggermente rialzati in modo da garantirne sia l’indipendenza, che la connessione ricercata a livello formale.

La moschea.

 

Jody Majoli

Relazione di progetto

Ho sviluppato il complesso interreligioso per le tre religioni monoteiste e centro servizi di quartiere, incentrando il progetto sui due Archetipi del “recinto” e della “sala ipostila” e sugli elementi comuni alle tre religioni: l’acqua, la luce e l’assemblearità.

Pianta.

Il recinto separa e delimita lo spazio pubblico della corte interna dal resto della città attraverso la modellazione del suolo, ospitando al suo interno gli edifici adibiti a servizi di quartiere e a servizio delle tre sale di culto: sono coperti da grandi superfici verdi inclinate.

Vista esterna.

La sala ipostila è interpretata invece come una grande piazza ombreggiata, sotto la quale, nella regolarità delle sottili strutture che la sostengono, trovano spazio le tre aule di culto, allocate in tre volumi distinti ma idealmente tutte sotto la stessa “tenda”. I tre volumi irregolari degli edifici di culto sono pensati come tre “pietre porose”, che trovano nell’acqua l’elemento comune alle tre religioni. Le superfici esterne sono trattate secondo le medesime modalità progettuali ed immaginate nei medesimi materiali: differiscono per la forma e la posizione delle tante piccole bucature che caratterizzano le facciate, diverse per ciascuna aula liturgica. A contraddistinguere le singole aule, infatti, oltre ai singoli poli liturgici, è proprio la luce, altro elemento significativo comune alle tre religioni, che si trova a fare da costante nei singoli spazi pur se con connotazioni diverse: per il culto islamico, ad illuminare la parete direzionata verso La Mecca; per il culto ebraico, la parete rivolta a Gerusalemme; per il culto cattolico ad abbracciare idealmente l’intera Assemblea.

La sinagoga.
La chiesa.

Ultimo elemento del progetto sul quale vorrei porre l’attenzione, è lo spazio vuoto della corte interna al recinto: la corte, leggermente ribassata rispetto alla quota stradale, se da un lato, attraverso l’impiego di piani leggermente inclinati invita a raggiungere l’area della sala ipostila, dall’altro diventa piccolo giardino punteggiato da alberi che garantiscono un luogo confortevole nei periodi di caldo: vero spazio di condivisione tra le religioni, che punta a diventare il fulcro di uno scambio culturale delegato all’incontro ed al dialogo dei singoli e delle rispettive comunità.

Miranda Nera

Relazione di progetto

Il progetto ha lo scopo di dare vita a uno spazio urbano nel quale si confrontano gli edifici di culto, i servizi di quartiere e il parco, inteso quale luogo di socializzazione, in cui realtà culturalmente diverse si incontrano creando rapporti di sintonia e di interazione.

Pianta.

Gli edifici per il culto sono collegati da una copertura verde e diventano tutt’uno con il sistema del parco. Gli spazi destinati alle aule per il catechismo, le aule studio e la biblioteca sono fra di loro connessi, affinché individui appartenenti a diverse religioni si possano incontrare durante le diverse attività quotidiane.

Vista e Sezione.

Le coperture “a giardino” realizzano i giusti parametri in termini di efficienza energetica.

Paola Perri

Relazione di progetto

Il progetto nasce dalla volontà di ricavare nel tessuto edilizio esistente un ambito intimo, definito e sicuro, in cui le tre religioni monoteistiche possano essere protagoniste di un nuovo “spazio” per la città.

Concept+Esploso.

Con l’obiettivo di raggiungere una condizione di protezione per i fruitori del nuovo Centro Inter-religioso, viene proposta l’ipotesi di una grande piazza, ribassata ad una quota inferiore rispetto al livello stradale, che si apra verso il contesto urbano, mettendo in relazione di reciproco rapporto i due ambiti: quello “secolarizzato” e quello “sacro”. Il confronto con gli edifici residenziali circostanti, non ha però la pretesa di creare una relazione visiva, quanto piuttosto una separazione dei due contesti, grazie all’uso delle differenti quote, a ribadire l’archetipo del “duale”, come sintesi e antitesi di due realtà diverse -identificabili ciascuna per se stessa- ma in dialogo permanente e proficuo l’una con l’altra.

Planivolumetrico.

Il nuovo sistema cultuale è costituito dai tre volumi sacri che si innestano come terminali di una “ossatura” che ospita sia i servizi pubblici per la collettività, che le aree destinate alla didattica. Questa “ossatura”, realizzata come un fondale al contesto cultuale, collocato a quota –4.00 m dal circostante impianto stradale, è relazionato, vorrei dire strettamente interconnesso, dalla presenza di una grande trama di pilastri e travature in forma di tettoia, svuotata della copertura (altri direbbe un porticato), che contribuisce a rafforzare il complesso di nuova edificazione anche a livello volumetrico, sottolineandone – come accennato – la permeabilità e l’apertura verso il contesto urbano circostante, mantenendo inoltre una continuità visiva e spaziale con l’area della piazza, completamente reinterpretata e risistemata a sagrato. Dal sagrato si accede nuovamente alla quota delle preesistenze, e quindi del circostante tessuto residenziale, attraverso una gradonata fiancheggiata dalle attrezzature pubbliche (ad es. i campi sportivi ), intesa essa stessa quale luogo d’incontro per i nuovi e vecchi “fruitori” del complesso cultuale, che potranno facilmente raggiungerne l’ingresso sia da quota 0.00 m che dal nuovo sagrato a quota – 4.00 m.

Vista edifici.

I volumi sacri nascono dallo studio di forme geometriche elementari e dalla loro intersezione con la piastra permeabile traforata. Da questa operazione deriva il trattamento delle facciate e la scelta dei rivestimenti, differenti tra il ‘basamento’ ed il volume in elevazione di ogni singolo luogo sacro.

Vista sotto la piastra.

Mentre il basamento viene rivestito uniformemente in pietra, in modo da trasmettere una messaggio di semplicità, uniformità ed omogeneità, al di sopra della piastra i tre volumi si caratterizzano grazie all’uso di materiali diversi e di differenti tagli di luce che contraddistinguono sia il disegno delle facciate che l’interno delle singole aule in virtù delle diverse luminosità che si manifestano al loro interno.

La chiesa.

All’interno della chiesa, della moschea e della sinagoga, infatti, la luce naturale ricopre un ruolo fondamentale: sia nella definizione dei luoghi in quanto spazi per la liturgia, creando un’atmosfera intima e privata che faciliti la preghiera; sia aiutando a leggere l’architettura, in relazione alle diverse bucature poste sui fronti principali ed ai diversi effetti di luce che da essi derivano.

La sinagoga.
La moschea.

 

Dario Traini

Relazione di progetto

La definizione della forma del progetto ha preso spunto dagli elementi circostanti, essendo uno degli obiettivi principali, quello di connettere in modo naturale le varie funzioni previste con il tessuto esistente.

Pianta.

Secondo questa logica sono state individuate le aree ove inserire gli edifici di culto dalle sagome circolari, da un lato, ed i servizi di uso quotidiano dalle sagome più regolari, dall’altro; i due blocchi sono separati da una fascia verticale di alberi, che rappresentano, metaforicamente, l’Archetipo della Foresta Sacra, secondo quanto descritto dal Frazer, a segnalare la separazione apparente e di fatto, che c’è fra questi due “mondi”.

Vista esterna.

Una “ramificazione” di percorsi coperti, collega tutte le due parti solo apparentemente distinte e accompagna gli utenti dalla realtà delle esigenze quotidiane verso il mondo del Sacro.

Riccardo Vescio

Relazione di progetto

La particolare forma dell’area e la vicinanza a una “emergenza” naturalistica nazionale, nonché area a forte vocazione agricola, mi hanno di fatto suggerito di lavorare sul tema del “vulcano”, sviluppando un edificio a mezza luna affiancato ad una piazza sistemata secondo un disegno di campi arati.

Planivolumetrico.

La copertura “a verde” nasce dal terreno e prosegue inclinata imitando le pendici di un monte, custodendo al suo interno le funzioni di supporto all’attività religiosa, bucata e tagliata per dare vita a percorsi e patii.

La chiesa.

Gli edifici religiosi di forma piramidale tronca, si giustappongono nell’intradosso dell’involucro alternando spazi aperti posti in adiacenza degli ingressi.

Valerio Vincioni

Relazione di progetto

Il progetto del Centro Interreligioso ha l’obiettivo di riunire in un unico luogo gli edifici sacri rappresentativi delle tre principali religioni, rispettando le esigenze spaziali e funzionali legate strettamente alla pratica dei singoli culti e al tempo stesso, cercando di metterli in relazione attraverso la realizzazione di spazi di connessione e condivisione.

Esploso+Viste.

I tre edifici sacri: Chiesa, Moschea e Sinagoga, sono collocati all’interno di un “recinto” immateriale e permeabile insieme a numerosi spazi interstiziali, ricoperti da un grande “manto”, una copertura leggera di elementi in legno che unisce e connette gli elementi in un unico sistema sinergico.

Pianta + sezione.

All’esterno del recinto sono stati pensati due edifici per le funzioni e i servizi di quartiere previsti dal piano di intervento, disposti in maniera parallela in modo da racchiudere un sistema di piazza pubblica, verde ed attrezzata, organizzata a gradoni che mette in connessione la città all’ambito sacro.

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