L’affresco “Madonna in trono tra i Santi Felice II e Caterina di Alessandria, è datato 1509 e attribuito a Filippo da Verona, pittore della schiera dei Veneti viaggianti e attivo al Santo nei primi anni del Cinquecento, si trova collocato sopra il banco dove si prenotano le messe, ed è stato restaurato grazie al contributo del Lions Club Padova Host.

Il restauro, commissionato dalla Veneranda Arca di S. Antonio e affidato alla restauratrice Monica Vial, è durato circa due mesi, con la supervisione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso.

Il dipinto, che raffigura “una sacra conversazione” tra la Vergine con il Bambino e i due santi martiri, san Felice II Papa e santa Caterina d’Alessandria, posti ai lati del trono, propone un impianto figurativo tipico della pittura veneta del primo Cinquecento, con innegabili richiami ai modi di Cima da Conegliano e di Vittore Carpaccio.

Prima del restauro l’affresco passava quasi inosservato a causa dello strato di sporcizia che ne oscurava colori e valore. A causa di un incendio che interessò la basilica nel Settecento (esattamente il 25 marzo 1749), la superficie pittorica mostrava scalfitture causate dalla caduta di materiali incandescenti e di piombo colato dalle campane, senza intaccare fortunatamente i volti dei personaggi. Un certosino lavoro di pulizia ha permesso di svelare sotto vecchie ridipinture i colori originari di incredibili tonalità e sotto uno strato di intonachino l’originale cornice affrescata con putti alati e strumenti musicali antichi rappresentati con dovizia di particolari. Ritornato alla luce anche il paesaggio di sfondo, a sinistra della Vergine, con un alberello in veste autunnale, precedentemente scomparso sotto estese ridipinture.
L’intervento di restauro ha visto inoltre il consolidamento con iniezioni di malte e stuccature del dipinto laddove il supporto murario presentava distaccamenti, ovvero nella parte modificata dall’apertura, nel Seicento, della porta della sacrestia. Un leggero restauro pittorico con l’uso di acquarelli a selezione cromatica e punta di pennello ha coperto solo le lacune più evidenti restituendo una equilibrata armonia al dipinto senza alterarne la vera storicità.

Per quanto riguarda il profilo iconografico, un elemento particolarmente significativo dal punto di vista simbolico  il garofano che la Madonna tiene in mano e osserva con sguardo pensoso, quasi invitando lo spettatore alla meditazione.La tradizione cristiana collega il garofano alla Passione di Cristo: si narra infatti che la Madonna addolorata alla vista di Gesù in croce inizio a piangere e dalle sue lacrime cadute a terra sbocciarono dei garofani. L’allusione al tema della Passione del Figlio, che Maria porta in braccio, è richiamato dalla presenza dei due santi martiri che affiancano la Vergine e il Bambino.

Un altro elemento iconografico di indubbio interesse riscoperto grazie al restauro è  senz’altro la cornice affrescata punteggiata da numerosi strumenti musicali antichi. Tra le ipotesi che spiegano l’utilizzo di questi elementi decorativi, è quella che il committente dell’affresco potesse essere un musicista, forse un frate, o comunque in relazione con i musici dell’allora “giovane” Cappella Musicale Antoniana, sorta nel 1487 e composta allora di soli frati. Un altra suggestiva ipotesi, supportata dalla collocazione del dipinto in prossimità dell’accesso al campanile di mezzogiorno,  che queste decorazioni richiamassero le campane, le cui corde all’epoca penzolavano proprio nei pressi dell’affresco. Veri e propri strumenti, anche le campane erano capaci con le loro note di creare nell’arco della giornata “messaggi musicali” ascoltati ben oltre le guglie del Santo.

“Ogni volta che in questi anni ho avuto l’emozione di partecipare ad un’opera restituita alla basilica e alla città ho pensato che la generosità “contagiosa” ha commentato Gianni Berno, Presidente della Veneranda Arca di S. Antonio all’inaugurazione del restauro  La Veneranda Arca del Santo in questi anni ha potuto realizzare moltissimi restauri e interventi nel complesso basilicale grazie alla disponibilità incontrata presso istituzioni, associazioni, singoli benefattori. I massari dell’Arca nei secoli scorsi e ancor oggi i presidenti dell’Arca hanno un unico obiettivo: prestare gratuitamente il proprio impegno per mantenere e valorizzare i tesori artistici del complesso basilicale che con la loro bellezza e intensità aiutano a fissare nel cuore e nella mente di ogni pellegrino il messaggio di salvezza e di speranza predicato da sant’Antonio. Siamo felici di aver collaborato con il Lions Club Padova Host. In particolare desidero ringraziare il presidente Francesco Maria Cirillo a cui va la nostra grande riconoscenza per aver realizzato un ulteriore restauro del ciclo mariano della basilica del Santo”.

Il restauro è stato finanziato dal Lions Club Padova Host, il primo club padovano della più grande e diffusa associazione internazionale di servizio umanitario. Il nostro motto è “We Serve”, “fare servizio”: ovunque ce ne sia bisogno, a favore delle persone, della società, della cultura, del nostro territorio, ha detto Francesco Maria Cirillo, presidente del Lions Club “Padova Host”che fu fondato nel 1954 nella città del Santo – Oggi celebriamo la realizzazione di un nostro “service” per il restauro dell’affresco della cosiddetta “Madonna delle Messe”. Quest’opera mi ha sempre attratto, quando alzavo lo sguardo sopra le teste delle persone in coda per prenotare le messe. Non sono un esperto d’arte, però mi piaceva, anche se mi appariva scura e opaca. Perciò non persi l’occasione quando il professor Giuliano Pisani me ne parlò come possibile oggetto di un “service”, che fu accettato dall’assemblea del mio Club. Quindi, con il presidente capo dell’Arca Gianni Berno e il professor Leopoldo Saracini concordai i termini della convenzione. Per la mia professione di anestesista rianimatore, ero abituato a partecipare alla nascita e alla “ri-nascita” di esseri umani sofferenti, ma questa volta la restauratrice Monica Vial mi ha fatto assistere alla “ri-nascita del bello” di cui ogni uomo ha diritto di godere, perchè l’arte, “il bello” fa “bene” all’umanità.

Il tema della “porta” e la figurazione mariana 

Intervento del prof. Leopoldo Saracini, Veneranda Arca di S. Antonio

Il soggetto figurativo di questo affresco, collocato sopra un’antica porta di ingresso all’andito della sacristia e del campanile meridionale della Basilica di sant’Antonio a Padova, non casualmente un classico tema mariano, perchè da sempre la Vergine Maria è stata identifica nella simbologia cristiana come “La Porta” attraverso la quale Cristo entrato nella storia umana.

Questo tema, suggestivo, è peraltro riproposto dall’altro splendido dipinto mariano duecentesco (con committente Campolongo) collocato sulla lunetta della corrispondente antica porta di accesso alla sacristia (ora murata). Entrambe le porte erano in stretta relazione e nel medesimo percorso, sia fisico, sia simbolico, che costituiva il passaggio obbligato di accesso dei celebranti allo spazio celebrativo del presbiterio.
La “sacra conversazione” la Vergine con il Bambino e i due santi martiri posti ai lati del trono, san Felice Papa e santa Caterina d’Alessandria, propone un impianto figurativo tipico della pittura veneta del primo Cinquecento. L’innegabile richiamo ai modi di Cima da Conegliano e di V. Carpaccio, recuperati forse attraverso la mediazione di qualche seguace o allievo dei due maestri, si allinea a tanti epigoni di Giovanni Bellini e di Alvise Vivarini, con un’attenzione sempre viva nei confronti del contemporaneo panorama artistico lombardo.
La consueta attribuzione del dipinto a Filippo da Verona sostenuta da numerosi riferimenti iconografici e stilistici ad altre opere collocate nel complesso antoniano e risalenti agli inizi del Cinquecento. La prima opera di questo pittore documentata e sicuramente datata nel complesso della Basilica del Santo ,l’affresco con l’Apparizione di sant’Antonio al beato Luca Belludi, eseguito nel 1510 nella Scuola del Santo a Padova. Già nell’anno precedente, però, Filippo da Verona doveva lavorare per la basilica padovana, dove la sua mano va riconosciuta con certezza in altri affreschi. Il primo, il protagonista del recente restauro; il secondo, probabilmente eseguito nello stesso anno (1509?), è il Matrimonio mistico di santa Caterina, già nel porticato del Chiostro del Noviziato ed oggi custodito nel Museo Antoniano.
Purtroppo non è possibile attestare in modo puntuale l’attività di Filippo da Verona con il supporto della documentazione dell’archivio storico della Veneranda Arca, poichè proprio in quegli anni vi sono alcune lacune nelle delibere degli allora massari dell’Arca e non sono stati conservati i libri contabili relativi all’anno 1509, come hanno confermato gli opportuni “approfondimenti archivistici” condotti in via preliminare al presente restauro.

Un elemento singolare e di evidente significato simbolico,  il garofano che la Madonna tiene in mano e osserva con sguardo pensoso, quasi invitando lo spettatore alla meditazione.

Nella tradizione pittorica i garofani hanno un significato simbolico e storico collegato alla Passione di Cristo. Secondo una leggenda cristiana, la prima apparizione dei garofani sulla terra risale a quando Gesù venne crocifisso. Le lacrime versate dalla Beata Vergine Maria fecero spuntare dei garofani. Cosi il garofano rosa intenso divenne il simbolo dell’amore sofferente immortale di una madre.

Nell’affresco di Filippo da Verona, l’allusione del garofano al tema della Passione (martirio) del Figlio, che Maria porta in braccio, è evidente e si collega naturalmente alla presenza dei due Santi Martiri posti ai lati del trono. Del resto il linguaggio simbolico dei fiori (garofano nella fattispecie) molto presente nella pittura Fiamminga, mutuato e sviluppato con caratteri propri dalla Scuola Veneta, era stato ripreso anche da Leonardo Da Vinci con la famosa Madonna del garofano (1473 ca.) oggi alla Alte Pinakothek di Mnaco di Baviera. Il garofano inoltre si presta bene al simbolismo iconografico dei martiri che nel dipinto vengono rappresentati con le tradizionali palme tra le mani, secondo l’antico linguaggio paleocristiano derivato dall’Apocalisse di san Giovanni.

Il restauro dell’affresco ha fatto riemergere nel paesaggio dello sfondo (a sinistra della Vergine) anche un alberello in veste autunnale, precedentemente scomparso sotto estese ridipinture. Forse si tratta di un riferimento alla stagione nella quale si commemorano i due Santi (san Felice Papa il 15 ottobre; santa Caterina d’Alessandria il 25 novembre). Certo  che il paesaggio naturale nel linguaggio della pittura veneta del Cinquecento assume un ruolo da comprimario, con riferimenti altrettanto importanti per la comprensione dei soggetti figurativi primari.

Una importante riscoperta emersa dall’intervento di pulitura e restauro conservativo del dipinto è senz’altro quella dell’originale cornice affrescata, punteggiata da numerosi strumenti musicali antichi, rappresentati con dovizia di particolari e precisione tipologica. Tra le ipotesi avanzate sul perchè di queste rappresentazioni (salvo riscontri diversi in futuro) , è quella che il Committente dell’affresco fosse un musicista (forse un frate) o comunque in relazione con i musici dell’allora giovane Cappella Musicale Antoniana, sorta nel 1487 e composta allora di soli frati. Un’altra suggestiva ipotesi potrebbe essere quella della posizione del dipinto che si trova(va) in prossimità dell’accesso al campanile di mezzogiorno. All’epoca le corde delle campane penzolavano proprio nei pressi della porta sovrastata dalla “Madonna del garofano”, ora occupata dal banco di ricevimento delle prenotazioni per le sante messe. Le campane erano (e sono) strumenti musicali e soprattutto nei paesi del nord Europa vengono utilizzate per creare suggestivi “messaggi musicali” attraverso complessi ed elaborati carillons. è probabile che anche al Santo fosse installato un carillon campanario che tutt’oggi esiste e al tramonto delle feste solenni diffonde le sue note per l’Ave Maria.

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L’affresco, prima del restauro. “Veranda Arca di S. Antonio”
Il particolare del garofano, dopo l’intervento. "Veranda Arca di S. Antonio"
Il particolare del garofano, dopo l’intervento. “Veranda Arca di S. Antonio”
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Il Bambino (particolare) dopo il restauro. “Veranda Arca di S. Antonio”
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Il Bambino (particolare) dopo il restauro. “Veranda Arca di S. Antonio”
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S. Caterina d’Alessandria, dopo il restauro. “Veranda Arca di S. Antonio”

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