di Michela Beatrice Ferri
Il dialogo di Papa Paolo VI con gli artisti ha origini in un sentimento di profonda sensibilità del giovane Giovanni Battista Montini verso il mondo dell’arte, dalla passione nutrita per il mondo dell’arte. Già nel 1928, in qualità di Assistente Centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, Montini contribuisce a promuovere il Convegno di Perugia, in cui tra le altre cose si tratta del tema Morale ed arte, mentre il suo primo testo specificamente dedicato alla questione del dialogo tra l’arte contemporanea e il “sacro” risale addirittura al 1929, ovvero – con un anticipo che sorprende – a trent’anni prima dell’apertura del Concilio Vaticano II (che come è noto è stato l’evento decisivo con il quale la Chiesa si è definitivamente aperta, e sia pur con qualche titubanza e difficoltà, all’arte più sperimentale); nello specifico, questo breve ma pregnante articolo è dedicato alla produzione della cosiddetta “Scuola di Beuron” (dal nome dell’Abbazia tedesca, nella zona dell’alto Danubio, in cui tale esperienza è nata), della quale Montini dimostra di comprendere, anche in virtù di una visita condotta direttamente sul campo nell’estate del 1928, sia le indubbie qualità, sia i più evidenti limiti.
Solo due anni più tardi, Montini partecipa alla fondazione di una nuova interessante rivista dal titolo «Arte Sacra», che ha purtroppo vita breve ma sulla quale il giovane sacerdote riesce a pubblicare, sul primo numero, un interessantissimo articolo dedicato a L’arte sacra futura, dal quale emergono chiaramente soprattutto i riferimenti ad Art et Scolastique di Maritain. Ancora, nel corso degli anni Trenta, Montini appunta delle “note sull’arte” che testimoniano chiaramente dell’ampiezza e della raffinatezza delle sue letture sull’argomento.
Negli anni immediatamente seguenti, benché il suo interesse per l’arte continui a persistere, il moltiplicarsi degli impegni presso la Segreteria di Stato Vaticana gli rende via via più difficile dedicarsi allo studio e all’approfondimento; tuttavia, la questione della rilevanza soprattutto liturgica dell’arte ricompare con tutta la sua forza – se non persino con urgenza – nel momento in cui Montini, nel 1954, diviene Arcivescovo di Milano. Celeberrimo, poi, l’episodio dell’incontro voluto da Montini divenuto Paolo VI, per il giorno Giovedì 07 Maggio 1964 – Solennità dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo — con gli artisti, presso la Cappella Sistina, da cui il famoso discorso.
“Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità. E non solo una accessibilità quale può essere quella del maestro di logica, o di matematica, che rende, sì, comprensibili i tesori del mondo inaccessibile alle facoltà conoscitive dei sensi e alla nostra immediata percezione delle cose. Voi avete anche questa prerogativa, nell’atto stesso che rendete accessibile e comprensibile il mondo dello spirito: di conservare a tale mondo la sua ineffabilità, il senso della sua trascendenza, il suo alone di mistero, questa necessità di raggiungerlo nella facilità e nello sforzo allo stesso tempo”.
E di nuovo: nella cerimonia di chiusura del Concilio Vaticano II, in data 8 Dicembre 1965, il Messaggio agli Artisti. “Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo invisibile. Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo!”.
Dal 29 settembre al 21 dicembre la “Collezione Paolo VI – Arte Contemporanea” di Concesio festeggia la canonizzazione di Papa Montini con un’esposizione di grafiche inedite.
Senza di lui, la “Collezione Paolo VI – Arte Contemporanea”, semplicemente non esisterebbe.
Per rendergli omaggio, nel mese della sua santificazione (14 ottobre 2018), il museo ha organizzato una mostra a lui dedicata, dal titolo: «Noi abbiamo bisogno di voi». Papa Montini e gli artisti nelle grafiche della Collezione Paolo VI.
Come spiega Paolo Sacchini, Direttore della Collezione Paolo VI, la mostra intende in primo luogo testimoniare la lungimiranza con la quale Montini e con lui il suo segretario, mons. Pasquale Macchi, hanno intessuto rapporti con gli artisti, nella convinzione che la bellezza artistica fosse uno straordinario mezzo di avvicinamento alla sfera della spiritualità.
Oltre a questo, però, l’esposizione vuole anche offrire l’occasione per ammirare una cinquantina di opere grafiche di straordinaria qualità (e firmate da autori rilevantissimi) che da sempre appartengono al patrimonio del museo e che, tuttavia, per ragioni di spazio non compaiono nel percorso permanente del museo e addirittura, nella loro massima parte, non sono mai state esposte (fanno eccezione solamente cinque opere). In qualche modo, dunque, la mostra si pone anche quale primo, piccolo passo nella prospettiva della realizzazione di un “catalogo generale della grafica” della Collezione Paolo VI, impresa senz’altro difficile in virtù della mole di lavoro e dei conseguenti costi (si parla, nel complesso, di un patrimonio di migliaia di pezzi tra incisioni e disegni), ma ben presente nei progetti dell’Associazione Arte e Spiritualità, ente gestore del museo.
L’allestimento della mostra, curato da Stefano Abastanotti, propone un percorso ideale dalla figurazione all’astrazione.
La mostra consiste in più di 50 grafiche mai esposte, ad eccezione di pochissime, di autori del calibro di Picasso, Matisse, Chagall, De Chirico, Dalí, Hartung, Vedova, Casorati, Marino Marini, Guttuso, Arnaldo Pomodoro, Cagli, Morlotti, Fiume, Henry Moore, Sutherland, Zadkine, Radice, Viani e molti altri. Un’esposizione che da una parte vuole celebrare la lungimiranza di un Papa illuminato nei confronti dell’arte, dell’invenzione e della bellezza che è “splendore di verità” e, dall’altra, proporrà – anche nell’ebook collegato – un viaggio nel rapporto tra Montini e l’arte: dai primi scritti degli anni ‘30 al pontificato, passando per gli anni milanesi tra riflessioni teoriche e iniziative concrete, come quella che ha portato alla nascita della Collezione Paolo VI.
Accolgono il visitatore, in apertura, due capolavori di Matisse e di Picasso, ovvero uno studio litografico del primo per la Cappella di Vence (forse lo spazio sacro più emozionante dell’intero Novecento) e la “Colomba della pace” del maestro spagnolo (il quale senz’altro, in tempi di Guerra Fredda e in virtù del suo credo comunista, si poneva fieramente in opposizione alla Chiesa, ma che ciononostante sceglieva poi, per esprimere il valore condiviso della “pace”, uno dei più intensi simboli della tradizione biblica).
Subito dopo trova spazio una litografia a tema mariano di Maurice Denis, uno dei primi artisti contemporanei che hanno cercato di proporre un’arte sacra “moderna” capace di coniugare la sperimentazione formale e le necessità del culto.
Alcuni lavori intendono testimoniare degli stretti legami che Montini strinse con gli artisti sin dagli anni “milanesi”, e poi ancora durante il pontificato: il precoce Cosa fanno quei due? di Aldo Carpi trascrive in pochi tratti una profonda tensione umana ed esistenziale, che si riscontra – ovviamente in termini di volta in volta diversi – anche nella cruda puntasecca di Bodini, nell’infiammato Concilio di Sassu, nei Due santi di Scorzelli, nel piccolo ma potentissimo Gallo di Minguzzi; complessivamente più rasserenate, ma malinconiche ed ispirate, sono invece le atmosfere che si respirano nel quasi romantico paesaggio di Consadori o nelle figure dei viandanti di Longaretti.
Inoltre, una seconda mostra dedicata al dialogo tra Papa Paolo VI e l’arte è allestita presso il Centro Espositivo mons. Pasquale Macchi, alla Prima Cappella del Sacro Monte di Varese – dal titolo “Paolo VI: un Apostolo Instancabile, un Santo Papa”, che volutamente riprende le parole di Papa Francesco. In questo caso il percorso espositivo vuole testimoniare l’amore di Papa Montini per l’arte, intesa come fonte di bellezza e strumento per ricollegarsi alla verità delle cose, e il suo intenso rapporto con gli artisti attraverso un riallestimento di opere, alcune mai esposte prima, facenti parte della collezione permanente del suo segretario, Mons. Pasquale Macchi, e da quest’ultimo lasciate in eredità alla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese.
Dipinti, sculture, medaglie e litografie – tutte opere a soggetto sacro di autori contemporanei come Scorzelli, Manfrini, Fazzini, Minguzzi, Guttuso, Sironi, Longaretti, Bodini, Bellotti e altri ancora – accanto a ritratti, fotografie, libri, paramenti sacri e alcuni oggetti appartenuti al Pontefice (ormai vere e proprie reliquie) ci racconteranno la figura di Giovanni Battista Montini – l’uomo e il Papa – che, grazie alla sua straordinaria personalità e sensibilità, durante il suo pontificato recuperò il rapporto con gli artisti e l’arte contemporanea.