Non si sa quanti siano, ma sono molti. Ognuno ha una sua storia diversa. Ognuno è un grande problema. Ognuno può diventare una grande opportunità. Sono gli edifici ecclesiastici a rischio dismissione: una iniziativa di Jerusalem con Fondazione Crocevia, Costruire per il Sacro e Domus Europa si propone di mettere in campo un movimento di ricerca e di proposta: “Rivificare”. Perché questo grande patrimonio storico non faccia la fine già conosciuta dagli edifici ecclesiastici che furono oggetto delle “soppressioni” napoleoniche e delle successive appropriazioni.
Il problema non è nuovo.
A Torino nel 2015 si svolse un convegno sullo stesso tema, i cui atti son stati pubblicati due anni dopo a cura di Carla Bartolozzi: Patrimonio Architettonico Religioso. Nuove funzioni e processi di trasformazione (Roma, 2017), e altre iniziative sono hanno avuto corso più recentemente.
Chi scrive già nel febbraio 2016 diede succintamente conto del problema nel quotidiano Avvenire. Nell’ottobre dello stesso anno a Bologna la Fondazione Cardinal Lercaro curò l’evento Il futuro degli edifici di culto. Identità a sistema per la valorizzazione dei contesti locali.
La Conferenza Episcopale Italiana già oltre vent’anni fa lanciò l’allarma e in Germania da tempo la Conferenza Episcopale Tedesca emanò una nota indicando in che modo procedere per eventuali alienazioni.
Ma il problema è che ogni edificio sorto come parte dell’impegno della Chiesa è latore di una testimonianza storica che rischia di cancellarsi, perché l’afflato religioso impresso nei suoi muri non si può trasferire a qualsiasi altra attività, per nobile che sia.
Il personale ecclesiastico manca, la crisi di vocazioni è un fatto diffuso, sia nel clero secolare, sia in quello regolare, come anche in ambito monastico; per molti, gli edifici antichi, chiese o monasteri, divengono un peso insopportabile.
Eppure spesso, proprio perché antichi, in pietra o in mattoni pieni, la loro conservazione consentirebbe di recuperare architetture di grande pregio.
Vi sono siti online e giornali stranieri dove compaiono non in modo infrequente annunci di vendite di immobili nati per ragioni religiose e divenuti residenze private oppure che sono ceduti con prospettive speculative, in ambito alberghiero soprattutto.
Non avrebbe più senso che, invece di cedere gli immobili, i diversi organismi ecclesiastici che li posseggono trovassero il modo di mantenerne la proprietà e di metterli a frutto per finalità compatibili con la loro natura?
Le condizioni di necessità ci sono, e sono evidenti a tutti.
Un numero particolarmente alto di inoccupati tra i liberi professionisti, di disoccupati nel mondo dell’edilizia o di giovani in cerca di prima occupazione; di immigrati che sbarcano sulle nostre coste sperando di trovare lavoro.
La grande fortuna dell’Italia è che nelle sue università si educano migliaia di nuovi architetti e ingegneri ogni anno, oltre a tanti storici dell’arte e altri le cui specialità in qualche modo afferiscono alle potenzialità di riutilizzo e valorizzazione di questi beni.
L’iniziativa “Rivificare” si propone proprio di mettere assieme questo desiderio di operare dei giovani tecnici, con la necessità di conservare edifici e luoghi dall’importante carattere storico: dal sommarsi di necessità possono derivare nuove opportunità.
Il passo previo è l’acquisizione di competenze specifiche atte alla comprensione del senso, della natura, della collocazione storica di edifici nati nell’ambito della Chiesa e delle sue molteplici missioni.
Seguendo il sistema del learning by doing nell’ambito dell’iniziativa Rivificare le varie specialità opereranno per individuare luoghi ed edifici di valore esemplare e quindi attorno a questi mettere in campo le necessarie operazioni di programmazione, progettazione, conservazione, valorizzazione.
Temi che incardinano l’iniziativa, finalizzata alla cura delle chiese e del patrimonio a queste collegato (Cura Ecclesiae): Recuperare, Conservare, Rivificare.
L’iniziativa coinvolge architetti, ingegneri, economisti, giuristi, storici dell’arte, restauratori.
Seguiteci e sarete aggiornati su tutti i prossimi sviluppi!
Già nel 2010 il fotografo Andrea DI Martino vinse il Premio Ponchielli con l’esposizione “La Messa è finita” che raccoglieva immagini di chiese destinate ad altri usi. Lo stesso progetto, che Di Martino cominciò nel 2008 e concluse nel 2013, vinse nel 2015 il premio Fotonoviembre “Authors in Selection” (organizzato dal Centro di Fotografia Isola di Tenerife). Per quell’occasione Di Maritno scrisse:
What fascinates me in the photography of architecture, which is often static, inanimate and devoid of human presence, is the ability for me to imagine life. In this sense, deconsecrated churches are richly evocative places: they recall sacred life, rebirth and profane life. In Italy there are hundreds, perhaps thousands of deconsecrated churches scattered all over the country. Many are neglected and often forgotten. In recent years, however, there has been an increasingly common policy for the recovery and renovation of formerly consecrated churches, putting them to new use. What is surprising is the wide variety of reuses, the most diverse and unthinkable. My project started from here: to document these places in their new identity and their new life. For five years, from 2008 to 2013, I travelled across the country looking for deconsecrated and transformed churches. I explored every Italian region to find the most interesting and surprising new uses, searching for innovative architectural solutions as well as the most practical adaptations for people who, for example, just needed a place to work. Along the way I discovered stories that revealed Italy in many facets: refined and superficial, trendy and popular, rule-breaking and believing. I photographed more than 70 churches. I chose to have the same point of view, the same perspective, the same square format. Just one photograph for each church to show the contrast between the different lives of these special places.
Riprendiamo dal Web alcune immagini di quelle esposte da Di Martino negli eventi citati.