Non sono necessari grandi artisti: è la chiesa che fa vivere l’arte. Questa è la lezione che giunge da Don Marco Zappa,
vicario della parrocchia dei SS. Quirico e Giulitta a Robbiano di Giussano (MB).
«Stavamo preparando la festa per il 90mo della dedicazione della nostra chiesa – racconta Don Marco – e trovammo una vecchia fotografia. Ritrae il vescovo dell’epoca, Mons. Carlo Castelli il giorno di quella celebrazione avvenuta il 24 settembre 1927. Pensammo di risvegliare lo spirito di questa storia intercorsa, di farla rivivere. Ne parlammo con gli amici del Circolo Culturale legato alla parrocchia, intitolato a Don Rinaldo Beretta. E prese forma l’idea di preparare una mostra, per far conoscere le opere artistiche e gli arredi sacri che testimoniano il cammino percorso nel tempo dalla chiesa. Si decise di coinvolgere il Liceo artistico della città, “A. Modigliani”, i cui docenti aderirono con entusiasmo all’iniziativa, che fu inquadrata nell’ambito dell’Alternanza Scuola Lavoro».
Quindi gli allievi stessi parteciparono? «Certo. Si partì da un piccolo concorso per definire il logo dell’iniziativa. E dal lavoro coi ragazzi e coi docenti del liceo emerse il disegno della cifra “90” che funge un po’ da portale da cui fuoriesce il profilo della chiesa, come a significare il suo proiettarsi in avanti nello scorrere del tempo. Poi diversi gruppi di ragazzi si misero al lavoro per catalogare prima gli arredi sacri e le opere d’arte della parrocchia e quindi per studiare come allestire una mostra nell’occasione del 90mo. Beninteso: non abbiamo pezzi di valore artistico. Ma ogni opera ha una sua storia, una sua identità e un suo significato. C’è un parato liturgico in seta rossa di spolino di 200 anni preparato come ringraziamento per aver superato l’epidemia di peste, come attestato dal Liber Cronichus.
Ci sono pianete e calici significativi. Alcuni libri e pitture. Il piviale che indossò il vescovo al momento della dedicazione, ricamato a filo d’oro. I ragazzi studiarono il tutto e presentarono i loro progetti che includevano, sia il design degli espositori, sia l’organizzazione complessiva dello spazio espositivo. Ne selezionammo alcuni sulla base dei quali si organizzò l’evento».
Gli espositori furono costruiti apposta? «Certo. In cartone. Funsero da supporto per le immagini e per le vesti. Finita l’esposizione, li conserviamo: possono tornare utili per altre occasioni…».
Se le opere artistiche possono sollevare interesse, forse risulta più inconsueto portare le persone oggi ad apprezzare paramenti e oggetti per il culto, per quanto di valore… «Non credo. Personalmente, avendo frequentato la sacrestia della mia parrocchia sin da giovanissimo, quando facevo il chierichetto, ho sempre apprezzato il significato dei paramenti, coi loro ricami e le figurazioni che vi compaiono. Così anche oggi spesso nella predicazione e nel dialogo con i ragazzi parto da ciò che indosso nella celebrazione per la mia riflessione.
In parrocchia c’è una casula con le figure dei santi patroni della chiesa (fedele riproduzione del gruppo statuario): costituisce un’occasione per parlare della loro vita. Un’altra casula presenta la figura dell’arcobaleno: è un’occasione per parlare di come col battesimo Gesù apra una nuova vita piena di colore. Un’altra casula presenta le figure del giglio e della colomba: la purezza e lo Spirito Santo. Abbiamo una pianeta damascata degli anni ’60, tutta nera. Non la si usa più per i funerali, ma costituisce una testimonianza significativa, è tutta intessuta di fili d’oro che si presentano come espressione della luce che ci attende oltre le tenebre: è una tenebra luminosa! Abbiamo un calice che fu donato a Don Rinaldo Beretta in occasione del 70mo anniversario di sacerdozio: se lo si osserva si vede che alla base è incisa tutta la storia della passione, morte e risurrezione di Gesù. Non la possono vedere i fedeli durante le celebrazioni: ma se la si racconta, se ci si presta attenzione, questo stesso fatto dà una rilevanza particolare all’oggetto, che diventa eloquente. Tutti gli oggetti per la liturgia sono eloquenti, bisogna solo saperli ascoltare… Nell’occasione della ristrutturazione della chiesa, avvenuta nel 2000, è stata posta un Trasfigurazione del pittore Mario Bogani: anche questo dipinto porge il destro per illustrare l’evento evangelico. Attraverso l’arte si può parlare della fede, e così si può far rivivere il vangelo».
E la comunità partecipa… «La comunità parrocchiale, in realtà tutta la cittadinanza, partecipa con entusiasmo e con attenzione. La chiesa è veramente il centro della vita sociale. Ed è luogo di festa» dice Don Marco.
Forse meglio di qualunque parole lo testimoniano i tre archi preparati per l’evento del 90mo della dedicazione: una leggera struttura metallica addobbata con fiori di carta confezionati da tante signore del posto. La compartecipazione nella preparazione di oggetti significativi per arricchire di colore la chiesa fa sì che ognuno si senta attivo, responsabile e che viva la chiesa come un momento di gioia. È forse questo il segreto per far rivivere la tradizione del legame, intimo e antico, tra Chiesa, arte e artigianato. I capolavori non sono necessari: ma in un’atmosfera di gioiosa collaborazione certamente ritorneranno.
Riprendiamo dal sito di Raffaele Caracciolo, Storico dell’Arte, Docente, Guida Turistica https://raffaelecaracciolo.wordpress.com/2017/09/11/mostra-dellarredo-sacro-a-robbiano-di-giussano/ (da cui abbiamo ricavato anche le foto contenute nel servizio):
Nella ricorrenza del Novantesimo di dedicazione della Parrocchiale di Robbiano, viene allestita, a cura del Liceo “Modigliani” di Giussano e con la collaborazione del Circolo Culturale “Don Rinaldo Beretta”, un’eccezionale mostra dell’Arredo Sacro ospitata presso il Salone “San Giovanni Paolo II”, ubicato in via Monte Santo (la strada che costeggia il fianco destro della chiesa), proprio di fronte alla casa parrocchiale.
La mostra, progettata nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro con il coordinamento del prof. Arosio, è stata curata nei contenuti storico-artistici dal prof. Caracciolo, nell’allestimento dal prof. Mariani, nella grafica dalle prof.sse Manigrasso e Talamini, con la collaborazione, per la parte fotografica, della prof.ssa Giussani. I docenti hanno lavorato con classi degli indirizzi Design (ex 4^F), Architettura (ex 4^E), Grafica (ex 4^G) e Multimediale (ex 3^D): una mostra, dunque, che ha saputo mettere in gioco e intrecciare molte e diversificate competenze.
Nell’occasione, oltre ai pannelli informatori degli oggetti selezionati per la mostra, è stato realizzato un interessante dépliant a otto ante che ripercorre, attraverso le fonti (molte delle quali manoscritte e conservate nell’archivio parrocchiale), la storia della chiesa dalla fine del XIII secolo fino ai restauri del 1999-2000 e all’inaugurazione, nel 2004, della nuova piazza antistante.