Quando sono stato chiamato dai Padri Monfortani a Port au Prince per ricostruire una scuola cattolica di alfabetizzazione crollata col terremoto del 2010 -300.000 morti schiacciati sotto le rovine di un’edilizia sbagliata- mi sono subito reso conto che non avrei avuto migliore occasione per cercare una risposta al principale dubbio che da sempre mi assilla e che non è mai stato cosa costruire, ma come costruire e con chi. Parlare col disperato popolo haitiano e anche solo con loro capire quale metodo adottare per la loro crescita mi avrebbe certamente aiutato.
Il progetto “una scuola per Haiti” è stato per me e il nostro studio di progettazione particolarmente significativo per prendere posizione sui grandi temi delle migrazioni e dei terremoti che assillano il nostro paese
Il progetto “una scuola per Haiti” si è dovuto confrontare con la situazione post terremoto di una terra già da tempo sottoposta a stressanti sfruttamenti umani e naturali. Questo depauperamento ha reso Haiti, e la città di Port au Prince in particolare, un luogo incolto e totalmente inadeguato alla crescita e allo sviluppo, nonché al riscatto della sua popolazione.
L’idea cardine è stata quella di innescare un processo in grado di ricostruire quell’identità locale smarrita con la costante urgenza dell’emergenza. Si è dimostrato pertanto imprescindibile lavorare sul problema sociale in concomitanza con quello architettonico.
L’inclusione della comunità locale e la partecipazione attiva alla costruzione, da parte di studenti haitiani affiancati da volontari italiani, hanno permesso che la costruzione della scuola tecnica fosse il primo “laboratorio pratico” di costruzione, la prima vera e propria lezione di tecnologia applicata all’interno di un percorso di studi che attualmente è in corso con altri laboratori paralleli.
I metodi costruttivi applicati nella stragrande maggioranza delle costruzioni post-terremoto ad Haiti sono, oltre che obsoleti, privi di preparazione e di consapevolezza nonché totalmente inopportuni per il luogo.
L’esperienza di Port au Prince è assimilabile a quasi tutti i progetti avviati dalle innumerevoli onlus dove è riscontrabile la stessa forma di colonialismo. Il progetto del laboratorio edile doveva recidere proprio quel cordone di dipendenza che si crea tra l’aiutante e l’aiutato. Tutto ciò ha una portata enorme nel paradigma occidentale sul come ripensare i rapporti con il terzo mondo, a livello antropologico, sociale, economico, filosofico, etico.
L’obiettivo principale del progetto è stato pertanto quello di costruire una scuola professionale edile in grado di funzionare ancora prima di essere costruita, un cantiere che fosse partecipazione e quindi educazione. L’edificio è stato realizzato in autocostruzione assistita da venti giovani operai haitiani che hanno così avuto la possibilità di imparare un mestiere che potranno trasmettere ad altri, per concretizzare una vera rinascita sociale ed economica. Una scuola professionale da costruire in legno pensata come punto di partenza di un processo di continuo miglioramento dell’ambiente costruito e sociale, un luogo dove formare giovani operai edili e contemporaneamente informare le loro famiglie e il villaggio sui differenti modi dell’abitare, dove alla spiegazione teorica segue immediatamente la pratica.
Il progetto “una scuola per Haiti” nel suo programma didattico 2015 ha formato 8 studenti haitiani, già selezionati durante l’attività di costruzione, al lavoro di assistenti tecnici e responsabili di cantiere. Gli studenti hanno seguito tutti i processi e le attività di cantiere attraverso una rotazione di mansioni continua, permettendo una formazione completa e non settorializzata.
Inoltre contestualmente all’attività didattica professionale si sono svolti corsi aperti alle donne e ai bambini delle scuole elementari e medie con lo scopo di sensibilizzare la popolazione sulla raccolta differenziata dei rifiuti rivolta al riciclo.
La scuola tecnica progettata per i Padri Monfortani vuole essere molto più di una scuola: vuole assolvere al bisogno di immaginazione. Il popolo di Haiti ha bisogno di andare oltre gli aiuti che gli vengono concessi. L’immaginazione è la radice di ogni pensiero creativo e di ogni manifestazione creativa di un sentimento.
Le condizioni climatiche del luogo, la posizione rispetto alla città e la particolare funzione di scuola tecnica hanno portato il nostro studio di progettazione ad adottare come metodologia costruttiva la “costruzione a secco”. Una tecnica comprensibile a tutti, chiara, efficace e ripetibile utilizzata da sempre dalle comunità che lavorano assieme sui beni comuni
Un grande “meccano” completamente realizzato e assemblato in loco, previo uno studio approfondito e dettagliato da parte di un gruppo di progettisti formato da architetti e ingegneri. L’edificio è interamente costruito con un unico elemento componibile all’infinito: l’asse da ponte in abete di dimensione 4,5x15x400cm, importato segato dall’Italia ma totalmente lavorato in loco. Gli assi vengono assemblati mediante piastre metalliche imbullonate, studiate e calcolate preventivamente nella fase progettuale, ma realizzate in cantiere a piè d’opera.
I materiali usati sono anche il cemento armato e i blocchi realizzati in loco con cemento e sabbia, materiali da costruzione comuni ad Haiti ma in generale scorrettamente impiegati nella costruzione.
Gli studenti Haitiani sono stati resi consapevoli di ogni nozione necessaria dalla lettura delle tavole di progetto all’impiego corretto del materiale, presentando, con lezioni teoriche in cantiere, la differenza tra il buon uso del materiale e il cattivo utilizzo.
La scuola, sviluppata su due livelli è di 800 mq, ma l’intero lotto di intervento, di 5.100 mq, è interamente dedicato alla didattica mediante spazi per i laboratori all’aperto, l’officina con le macchine di falegnameria, la casa prototipo (costruita nel 2013 durante il laboratorio di costruzione) e l’area dedicata a orto e a frutteto, risultato di lezioni di botanica locale tenutesi a scuola.
L’intento della scuola tecnica infatti non è di limitarsi all’insegnamento della sola costruzione, bensì quello di preparare gli studenti all’uso delle proprie risorse, in differenti campi, per assicurare un futuro a chi ora non ce l’ha.
La scuola ospita spazi per la didattica, un refettorio, una cucina, spogliatoi, servizi igienici, l’ufficio della direzione e, al piano superiore, una foresteria con posti letto organizzati in camerate.
L’orientamento dell’edificio (nord-sud), la sua composizione mediante copertura inclinata, fondazioni massive areate e aperture contrapposte concedono all’edificio un’inaspettata frescura interna anche nelle ore più calde della giornata. La copertura in lamiera, surriscaldandosi, permette, grazie all’inclinazione e all’orientamento del tetto, una ventilazione naturale continua e necessaria. Gli stessi concetti sono stati applicati alle abitazioni progettate per essere costruite dalla scuola rendendola anche una vera e propria impresa edile.
Attualmente la Scuola Tecnica di Haiti ha progettato e costruito un villaggio residenziale multi religioso di 40 case unifamiliari, due grandi case comunitarie e altre due abitazioni singole per una comunità religiosa brasiliana che si occupa di bambini abbandonati.