È scritto nella Nota Pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia, della Conferenza Episcopale Italiana, su La progettazione di nuove chiese (1993):
13. La custodia eucaristica
Il Santissimo Sacramento venga custodito in un luogo architettonico veramente importante, normalmente distinto dalla navata della chiesa, adatto all’adorazione e alla preghiera soprattutto personale.
Ciò è motivato dalla necessità di non proporre simultaneamente il segno della presenza sacramentale e la celebrazione eucaristica.
Il tabernacolo sia unico, inamovibile e solido, non trasparente e inviolabile. Non si trascuri di collocarvi accanto il luogo per la lampada dalla fiamma perenne, quale segno di onore reso al Signore.
E nella Nota Pastorale su L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica (1996) il tema è così elaborato:
20. La custodia eucaristica
Nella maggior parte delle nostre chiese, per note ragioni storiche, l’elemento centrale – dominante sullo stesso altare – è stato, per circa quattro secoli, il tabernacolo eucaristico. L’adeguamento liturgico delle chiese esistenti, mirante a esaltare il primato della celebrazione eucaristica e quindi la centralità dell’altare, deve riconoscere anche la funzione specifica della riserva eucaristica. Si ritiene necessario, perciò, che, in occasione dell’intervento di adeguamento sia dedicata una particolare cura al “luogo” e alle caratteristiche della riserva eucaristica.
Tale intervento richiede grande attenzione anche dal punto di vista educativo. È noto, infatti, quanto il culto per la Santissima Eucaristia abbia inciso nella formazione spirituale del popolo cristiano e quanto l’idea stessa dell’edificio di una chiesa cattolica sia associata alla presenza in essa del tabernacolo. Al fine di educare i fedeli a cogliere il significato di centralità della celebrazione eucaristica, i rapporti tra la celebrazione e la conservazione dell’Eucaristia e le ragioni di questa conservazione, si ritiene necessario che, in occasione del progetto di adeguamento, tali argomenti vengano opportunamente approfonditi in sede di catechesi al popolo.
Anche la localizzazione e l’eventuale realizzazione di una nuova custodia eucaristica devono essere parte integrante del progetto globale di adeguamento liturgico e dovranno tener conto di una sua facile individuazione, di un accesso diretto, di un ambiente raccolto e favorevole all’adorazione personale.
In ogni caso si ricordi che in ciascuna chiesa il tabernacolo per la riserva eucaristica deve essere unico e che l’altare della celebrazione non può ospitare la custodia eucaristica.
La collocazione tradizionale della custodia eucaristica sull’asse principale della chiesa, in posizione dominante, alle spalle dell’altare nuovo può in taluni casi attenuare la percezione della centralità dell’altare e, data la distanza dai fedeli, rischia di non favorire la preghiera privata e l’adorazione personale.
La soluzione vivamente raccomandata per la collocazione della riserva eucaristica è una cappella apposita, facilmente identificabile e accessibile, assai dignitosa e adatta per la preghiera e per l’adorazione. In essa sarà ospitato il tabernacolo che, tuttavia, non deve essere mai posto sulla mensa di un altare, ma piuttosto collocato a muro, su colonna o su mensola.
In alternativa alla cappella eucaristica, può considerarsi accettabile una soluzione che individui uno spazio all’interno dell’aula (ad esempio, una cappella laterale capiente), da adattare con dignità, decoro e funzionalità alla preghiera e all’adorazione, e da evidenziare opportunamente.
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A mo’ d’esempio presentiamo una serie di esempi di tabernacoli, in chiese storiche e di recente edificazione, illustrandoli alla luce di quanto indicato nei documenti sopra citati.
Va ricordato in via preliminare che se fin dall’antichità la Chiesa usava conservare l’Eucaristia per l’eventualità che fosse necessaria quale viatico per i malati, fu solo dopo il Concilio di Trento che per riaffermare la presenza reale di Cristo anche al di fuori della celebrazione (a differenza di quanto si sosteneva nelle comunità protestanti) il tabernacolo assunse un ruolo di primaria importanza nell’architettura delle chiese cattoliche. In particolare su impulso di san Carlo Borromeo si costruirono tabernacoli di grandi dimensioni, imponenti e ben visibili, collocati sopra l’altare maggiore, così da porsi come punto focale della navata.
Dopo il Concilio Vaticano II si sceglie invece di porre particolare accento sull’azione liturgica e così si evita il sommarsi di poli liturgici. Di qui l’indicazione di ubicare il tabernacolo in un luogo proprio e distinto da altri poli liturgici. Del tabernacolo è sottolineata la funzione di custodia, atta a preservare le specie eucaristiche, distinta da quella dell’ostensorio, atto a mostrarla ai fedeli nel corso dell’adorazione. La custodia dev’essere sicura, inviolabile, capace di proteggere la preziosità di quanto contiene.
Ma del pari dev’essere ben identificabile: la presenza del tabernacolo è quanto nettamente distingue le caratterizza a chiesa cattolica, a differenza dalla chiesa protestante.
Ove possibile si suggerisce che la custodia eucaristica sia collocata in un’apposita cappella che consenta il raccoglimento e la preghiera.
Data la rilevanza del luogo e la sua intrinseca preziosità, il tabernacolo è elaborato quale opere d’arte. Spesso in forma di tempietto. Lo sportello che lo chiude reca con frequenza figurazioni che pongono in evidenza il suo significato, per esempio: la colomba (per richiamare lo Spirito Santo), il pellicano (rappresentato nell’atto del nutrire i suoi piccoli col suo sangue), l’Ultima Cena, Gesù Cristo che risorge dal sepolcro, la figura dell’agnello o quella dell’ostia.
Luogo prezioso, solido, inviolabile, al tabernacolo (che vuol dire “piccola capanna”) si accosta la lampada “dalla fiamma perenne, quale segno di onore reso al Signore (cfr Istitutio Generalis, n. 316; CIC. can. 940). Anche il conopeo e l’ornamento floreale aiutano opportunamente a far cogliere la vita che pulsa all’interno di quella custodia” (da: Relazione di S.E. Mons. Mauro Piacenza “La custodia dell’Eucarestia. Il Tabernacolo e la sua storia” Casamari, 31 luglio 2004. www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/pcchc/documents/rc_com_pcchc_20040731_tabernacolo_it.html).
Il vuoto del mondo protestante
La cattedrale svedese di Lund, romanica medievale, a seguito della riforma protestante fu spogliata nel 1536 (quando ne fu cacciato il vescovo cattolico) degli ornamenti che la potessero collegare alla Chiesa di Roma. Subì diversi rimaneggiamenti e il mosaico del catino absidale è degli anni ’20 del XX secolo. Non v’è il tabernacolo, come in tutte le chiese del mondo protestante.
La luminosità dello spazio postridentino
La chiesa di San Fedele a Milano (1569-79) è, dopo quella del Gesù a Roma, il secondo grande esempio di edificio per il culto realizzato a seguito del Concilio di Trento. In particolare nell’architettura di San Fedele l’architetto Pellegrino Tibaldi interpretò alla lettera le indicazioni del card. Borromeo. Risalta imponente l tabernacolo, un vero e proprio tempietto a sé stante che sorge subito dietro l’altare maggiore di eleva nello spazio dell’abside, ponendosi come momento di verticalità che unisce il piano orizzontale dell’aula con le volte della copertura. Ed è luogo in cui si uniscono le linee di fuga che definiscono lo spazio della navata, nonché momento di unione delle prospettive laterali date dalla successione ritmica delle colonne. Si può dire che tutto lo spazio risulta incardinato su di esso.
Le chiese contemporanee
Un esempio del 2011: la chiesa di Santa Monica a Rivas Vaciamadrid, progettata da Vicens + Ramos. Un’architettura tagliata sulle prese di luce e sul colore, all’insegna della semplicità. Il tabernacolo è posto su un pilastrino che si erge sulla pedana presbiterale e si presenta come un quadrato dorato al cui centro campeggia la scritta “Te adoro con devocion Dios oculto”. Nello spazio non molto ampio dell’aula ecclesiale, il tabernacolo risalta per la particolare coloritura. La scritta che lo contraddistingue potrebbe generare qualche perplessità, poiché cerca di esplicitare quel che dovrebbe essere l’atteggiamento ovvio del fedele, invece di alludere al contenuto della custodia. In questo evita strada della glorificazione che veniva percorsa dai tabernacoli storici, ma evita pure la strada della poesia che sarebbe quella consona alla semplicità del disegno.
L’essenzialità
La chiesa di S. Maria di Nazareth a San Cataldo (CL), progettata da Giuseppe Di Vita, presenta una soluzione semplice ma efficace. Il tabernacolo è posto su una colonna allo spigolo della pedana presbiterale ma nello spazio che si presenta come conclusivo della navata laterale, separata da quella principale dalla serie di colonne. In tal modo esso viene a trovarsi nello stesso spazio dell’aula, raccordato visivamente sia all’assemblea, sia all’altare, ma in un ambiente proprio, individuato seppure non separato. La mensola sottostante la custodia e sporgente sul lato consente di poggiare i vasi sacri all’occorrenza, e sul piano visivo contribuisce a evidenziare il polo liturgico. Lo sportello col colore rugginoso dell’acciaio corten parla della povertà consona al cristiano e la croce gemmata policroma che l’attraversa vi dona un tono di preziosità e nobiltà. Non sono necessari grandi “gesti” artistici o concettuali per rendere un luogo consono a una chiesa parrocchiale.
Anche nella chiesa di S. Massimiliano Kolbe a Bergamo, progettata da Gregotti International, la scelta è ricaduta sul linguaggio della semplicità. Il tabernacolo è un pilastrino che si eleva sul lato, fuori dalla pedana presbiterale, in una nicchia ad hoc dalla cui parete sporge il cero. Pilastrino e tabernacolo hanno conformazione ottagonale e il colorito ambrato della custodia assume una tinta fiammata che rimanda al colore del cero. ma a chi sta nello spazio assembleare, la successione (da destra) di sede, croce, altare, ambone, tabernacolo dà l’impressione della “pedana plenaria”, ovvero del luogo in cui si allineano tutti i poli liturgici, senza che vi sia una autentica individuazione di ciascuno di essi, al di là dell’assoluta centralità che è data all’altare in particolare dal rapporto con l’originale elaborazione della copertura luminescente.
Una soluzione originale per affrontare il tema del rapporto tra cappella eucaristica e chiesa è stata individuata dal Centro Ave per il Santuario di Santa Maria Teotòkos a Loppiano: una vetrata istoriata dietro l’altare lascia intravedere attraverso l’alone solare centrale la figura del tabernacolo posto nella cappella retrostante.
Nella cappella eucaristica il tabernacolo è un grande cerchio dorato che raccoglie la luce filtrata dal sole della vetrata. In questo modo, pur posto dietro l’altare (come sarebbe da evitare) il tabernacolo risulta separato per quanto presente per trasparenza: quindi non incombente, non sovrastante per chi si rivolge all’altare dall’aula. Separato ma presente,visibile ma non incombente. Eppure lo spazio della cappella eucaristica è fortemente incardinato sulla sua figura, le cui dimensioni qui paiono veramente cospicue.
Tra i pochi esempi in cui si può dire che si sia raggiunta la condizione di equilibrio poetico, spicca quello della cappella preparata per il Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale nella Fortezza da Basso di Firenze, su progetto di Paolo Zermani. Nello spazio limitato del vecchio deposito di munizioni, una lunga pedana in marmo bianco su più livelli presentava al centro l’altare, su un lato l’ambone, sul lato opposto il tabernacolo. Un pilastrino marmoreo su cui stava la custodia anch’essa dotata di pareti marmoree. Un cero bianco al lato su di un esile stelo. Nella penombra la luce radente faceva risaltare le diverse presenze e tra queste il crocifisso nel suo dialogo muto con l’altare. Nel suo complesso lo spazio diveniva figura della croce, coi due assi denotati dal rapporto ambone-tabernacolo, crocifisso-altare. Presenze diverse, di pari evidenza ma ciascuna dotata di collocazione propria, ognuna con la propria gravitas. Un insieme in cui la preminenza dell’altare era molto semplicemente conferita dalla posizione all’incrocio degli assi impliciti nello spazio mentre la singolarità del tabernacolo risultava non dalla forma, ma dalla sua dislocazione spaziale, e dalla tenue seppur vivida voce della fiammella del cero: eloquente quanto null’altro può esserlo, nella silente penombra.
(L. Ser.)